lunedì 30 dicembre 2013

37_soffia che ti passa: secondi lavori dal guadagno facile. Come gonfiare un palloncino


Sabato sera.
Cena casalinga low cost con amici: birra per i più, takiflù per me, pizza e televisore acceso in sottofondo.
Inevitabilmente si finisce a parlare del lavoro che va e che viene, dell'impossibilità di riuscire a mettere via neppure quella parte che servirebbe ad accendere il mutuo che ti porterai comunque nella tomba, e, insomma, tutti quei discorsi pacco da presi male, quei discorsi che "...ai tempi dei miei, invece...", che neanche alla peggior bocciofila di plurinovantenni sentiresti raccontare.
Rassegnati al fatto che, quel bilocale in costruzione al di là della strada, trasformato per esigenze di mercato in un TRI, te lo vendono davvero a 375MILAEURO e che quindi proprio noncisonocazzi, ingurgiti i bocconi con una fatica tutta nuova.
E il fatto che non respiri, e che la testa sembra voglia esploderti (questa volta solo per il raffreddore), di certo non rende il tutto più piacevole.

In un momento di mesto silenzio, veniamo risvegiati dal coma da un rumore che proviene dalla tele, fino al quel punto totalmente ignorata.
E' un rumore un pò fastidioso, indecifrabile.
Alla tele, un tizio americano sessantenne, racconta della sua ossessione-da-palloncini tenendosene uno trasparente -la sua tipologia preferita- stretto tra le braccia, spesso accarezzandolo e, così facendo, provocando quel fastidioso rumore che ci aveva fatti girare tutti e quattro verso lo schermo.
Dopo i primi minuti di (nostra) confusione a riguado, il vecchio, con tono innocente, aggiunge che, si, la sua attrazione nei confronti dei palloncini è anche di tipo sessuale.

Maaaaacosacaaaaaaaz?!?!?!?!?!?

E niente, da lì ci si apre un mondo.

Con mia grandissima sorpresa non c'è una voce di wikipedia dedicata, ma ve lo spiego io, che è uguale...
Un looner è un tipo feticista dei palloncini.
Si tratta dell’eccitazione sessuale nel vedere qualcuno gonfiare un palloncino (in inglese balloon, da cui looner): osservare una bella donna soffiare, udire i suoi ansimi, l’alzarsi e abbassarsi ritmico del petto, insomma, la fisicità dell’atto, è il fulcro di tale spettacolo.
Aggiungete a questo la stimolazione sensoriale giocosa dei palloncini multicolori, il rumore del lattice sotto i polpastrelli e l’eccitazione di non sapere esattamente quando esploderà, e avrete una chiara idea del climax di cui i looners vanno ghiotti.

Tutto qui?
Si, cazzo!

Anzi, no!
Il nostro climax di incredulità tocca l'apice quando, ormai intrippati da 'sta fissa, troviamo che su e-bay, un palloncino gonfiato da una tipa è stato venduto a 90 dollari!
Novantadollaroni!!!!

Pausa.

Alzo lo sguardo verso Mapi e incrocio il suo, dritto nei miei occhi.

Avete capito.



Stamattina mi alzo, accendo il computer e mi trovo questo messaggio:














Ahahhahahhahah, mmmmmavveramente?!?!?
Rileggendolo mi piace farvi notare il passaggio in cui dice di fare questo lavoro da DECENNI, che, se ce ne ha 30, la tipa in questione, è già tanto.

Ma vabbè.
Il mondo è strano...
...o forse no.

Forse non è strano che per un attimo (o più di uno...) abbiamo pensato che, davvero, metterci a gonfiare e strofinare un paio di palloncini a sera non sarebbe stato poi così male, che ci avrebbe, senza alcun dubbio, potuto fruttare più di un secondo lavoro in piena regola; che alla fine non c'è niente di male, un video a gonfiare palloncini è sempre più decoroso di tanti autoscatti da bimbemikia che infestano giornalmente, inutilmente, le nostre bacheche di facebook...

E poi, niente, giro un attimo la testa prima di rileggere il tutto e cosa mi ritrovo sulla scrivania????


Segno del destino???


mercoledì 25 dicembre 2013

36_natale

Non vorrei passare per una di quelli che si devono per forza lamentare che il Natale è una festa di merda.
Io vorrei un casino sentire lo spirito natalizio, vorrei aver avuto giorni per andare a cercare regalini più o meno cazzuti per persone più o meno care, mi sarebbe piaciuto camminare per le strade col naso all'insù sorridendo per le luminarie, aver sentito un pò di magia nel fare l'albero (che, a differenza dello scorso anno, mi sono sforzata di addobbare e non abbandonare nello scatolone in un angolo della sala).
Mi sarebbe piaciuto sentire che qualcosa di speciale stava per succedere, un pò come quando si era piccoli.

Io c'ho provato, eh.
Ma niente.
Zero.
Anzi, vi dirò, qui va sempre peggio.

Forse che stare a lavoro fino alle otto del 24 fa passare un pò la poesia.
Forse che avere a che fare con gente che va in cerca di regali dell'ultimo secondo, per fare "un pensierino", parafrasi del concetto di non-c'ho-un-cazzo-di-voglia-di-farlo-sto-regalo-demmmerda e "maaaa...roba da meno non ce l'hai?", non aiuta...
Forse che, si, anche in questo post sono in premestruo....

...sta il fatto che tutto 'sto pressing per il Natale è stato, anche quest'anno, una vera sconfitta.
Coi parenti, poi, sembra che tutto debba ruotare solo e soltanto attorno a quanto puoi riuscire a mangiare.
Cioè, il successo del tuo (ma soprattutto del loro) natale è direttamente proporzionale a quanto tu riesca a mandar giù.
Fai felice il parentado se mandi giù.
Non mandi giù?
Delusione e profondo rammarico negli occhi dei tuoi commensali.

Altro da questo magico giorno?
Niente da dichiarare.

Detto questo, sappiate che ho cancellato una sbrodolata di rflessioni-da-pippe-mentali-hardcore che mi ero messa a scrivere ma che poi, vabbè, che ve lo scrivo affà...

Comunque è vero quello che mi ha detto una sciùra in negozio qualche giorno fa:
"il Natale dovrebbe cadere ogni 3-4 anni".
Tààààc.
Colto in pieno.
Quanta verità.

E, per concludere questo post inconcludente, visto che sono ancora in tempo: buon Natale a tutti.
Ma soprattutto ai presibene.
 

lunedì 2 dicembre 2013

35_ti farò mangiare la mia polvere: breve storia di un taccheggio sventato

L'ho beccato.
Ieri sera, finalmente, ho beccato il merda che mi fotteva quintalate di ciprie dal negozio.
Anche ieri sera ero sola, c'erano almeno 3 persone in negozio, zona cassa, io ero classicamente divisa tra una battitura, uno sconto, un pacchetto, uno scontrino e un campioncino da lasciare e....grazie a dio, la mia rinomata cecità, almeno questa volta, è stata smentita.
Alzo lo sguardo e vedo 'sto vecchio che arraffa a piene mani dalla mia zona trucco.
I miei cazzo di trucchi! Che sistemo autisticamente in modo che non ci siano fottutissimi e antiesteticissimi buchi! Io odio i buuuchi!!!

Horror vacui.
Sempre.

Mollo tutto e gli vado incontro, non ricordo cosa ho detto ma di sicuro gli ho ripreso quello che aveva in mano e lui, sfacciatissimo ha anche provato a dirmi: "..Eccchèèèè, sccctavo guardando iii colore, eccchenonzipuò???"
Io l'avrei preso a calci. Ma menato forte, eh.
Che aziendalista...mi meriterei l'indeterminato ad honorem.
No, soprattutto ora rodo perchè, dopo, come sempre, mi sono venute in mente mille frasi figata che avrei potuto dirgli.
Una battutina sulla sua seconda vita da viados che avrebbe giustificato il furto di tutto quel cerone non sarebbe stata male.
Poi, gli mollo in mano il catalogo e gli dico che così lì trova lì sopra, i colori.
E, anche qui, potevo aggiungere che doveva leggerselo bene, guardare bene i prezzi, e poi ci potevamo anche mettere a posto con tutto quello che mi aveva già portato via.

Cazzo, frasi bbbbomba, sprecate.
Solita questione di tempismo sbagliato.
La classica me, insomma.

domenica 24 novembre 2013

34_è tutta questione di (dis)astri

Sono una di quelle che gli unici oroscopi mai letti sono stati quelli delle pagine di Leggo aspettando la metro, giusto per iniziare la giornata con qualcosa di altamente intellettuale e impegnato.
La prima pagina poteva aspettare.
La giornata poteva aspettare ancora quei 15 secondi prima di iniziare per davvero.
Non che me ne fregasse qualcosa.
Non che ci credessi, ma diciamolo, a nessuno fa schifo che gli si dica qualcosa di buono, tutti vogliamo babbamente essere rassicurati che quella, finalmente, non sarà la solita cagosissima giornata che ci impegnamo a rivivere giorno dopo giorno come piccoli automi decerebrati.

Si, oggi sono positiva, non fateci caso.

Comunque, tornando a noi, il bello dell'oroscopo è questo: se dice qualcosa che ci piace ci basta per esaltarci e iniziare la giornata carburati, se ci fa schifo, semplicemente, chiudiamo il giornale, lo buttiamo e pensiamo mavaff-sti-oroscopi-del-cazzo-dicono-solo-minchiate e scuotendo la testa pensiamo che chi ci crede...è proprio un pirla.

Sempre parlando di intrattenimento di alto livello (ma che cazzo volete, fino a prova contraria sono una commessa, mica lavoro al MiBAC...con tutti i casi umani che vedo ho da contratto un tot di ore da passare guardando Real Time, sappiatelo.), l'altro giorno mi imbatto in 'sto programma che parla di segni zodiacali. Giuro che stavo per girare (anche perchè sentire un'intervista a Renato e alle sue torte della minchia proprio potevo evitarmelo...se voglio farmi male io mi butto dritta a robe tipo sepolti in casa, o, da buona ossessivo-compulsiva, su programmi tipo pazzi per la spesa. No, dico. Sappiate che questo è un grido d'aiuto).
Poi il tizio pelato inizia a snocciolare una descrizione dettagliata del segno.
E io mi scimmio tempozero.
E un pò me ne vergogno.
Ma dopo quel quarto d'ora la mia vita è cambiata.
Ho una nuova inquietante certezza: sono proprio fatta così. Così a cazzo, intendo.
E' il mio segno.
Sono un fottuto mostro metà uomo e metà cavallo, metà razionalità, metà istinto.
Insomma: sono e sarò in eterno conflitto con me stessa a vita!
E io che credevo che fossero i postumi di un'adolescenza che proprio non voglio superare.

Io sono in conflitto su tutto.
I momenti peggiori li raggiungo di fronte alle scelte più banali.
Di fronte al banco dei gelati entro in panico per dover scegliere quei DUE gusti, due soli cazzutissimi gusti, tra tutti i gusti gustabili...è una decisione di non poco conto...è destabilizzante....chessseppoimenepento?!?!?
(E di solito, me ne pento. E faccio scambio col cono del coinquilino che senza paura sceglie gli stessi gusti da dodici anni. Da che io lo conosca, insomma).
Non faccio una scelta se prima non vedo tutto l'opzionabile.
Poi, però, di solito, torno sulla prima cosa che mi aveva colpito.
Mi faccio mille pippe mentali. Su tutto. Penso a mille variabili, vado in merda e vorrei solo scappare via piangendo e battendo i piedi come una treenne.
Ma da oggi, anzi, da ieri, ho smesso di credere che prima o poi questa fase di indecisione perenne che mi contraddistingue finirà.
Avevo sempre pensato che, prima o poi, sarei cresciuta.
Avrei smesso di essere così insicura e il mio spirito "equino" da sagittario positivo e spensierato avrebbe avuto la meglio.
E invece no.
Che, non solo sono divisa a metà, ma c'ho pure l'ascendente peso tra le balle.
Cancro.
Il pelato dice che l'ascendente è come ci vede chi non ci conosce.
Ci credete che ho avuto più di una persona che, dopo avermi conosciuta, mi ha detto: "sai, non ti avrei mai pensata così, mi sembravi stronza, antipatica..."???
Stronza e antipatica sembro! Io! La regina delle cazzone!!!
Aiuto!
E quindi, niente.
Solo per farvelo sapere.
Ho appena realizzato che non saprò mai cosa voglio fare da grande.
E che non è colpa mia.

E' tutta colpa dell'astrologia.

venerdì 8 novembre 2013

33_non ho niente da dirvi. o forse no.


Essì.
Capitano anche questi momenti un pò così, che, se dovessi definire con un francesismo, definirei "del cazzo".
Dove non succede una beata minchia.
E non parlo solo dal punto di vista lavorativo, dove la stasi regna sovrana e il ristagno di offerte fasulle fa imputridire la mia casella di posta, ma anche dal punto di vista...di tutto il resto, ecco.
Che io, poi, non abbia una gran vita sociale è cosa ormai nota.
Fatto sta che, ragazzi, non ho un cazzo da dirvi.

Già, perchè il precariato a medio (?) termine ti fa assaporare anche un pò di quella routine che vive chi ha un posto fisso, dove i giorni si susseguono nella più o meno frenetica normalità, il tempo non basta mai, e bla bla (si, anche per una "commessa" il tempo non basta mai per far tutto. Almeno per un certo tipo di commesse. In un certo tipo di negozi. Ma lasciamo perdere che stiamo andando fuori tema...).
La cosa sconcertante è che tutto questo è positivo!
Cioè, se non ho niente da dirvi, essendo questo un angolo di espiazione catartica per le mie tragicomiche avventure, dovrei solo essere felice, no??
E zitta e sii felice Marta, rompicoglionichenonseialtro.

Forse un pò meno felici sarete voi, che una risata alle mie spalle ve la facevate così volentieri...
Ma sono certa che cose da raccontarvi ancora ne avrò.

Si, tipo la ragazza cinese che è venuta in negozio la settimana scorsa.

Ora, premetto che tra noi c'erano delle barriere linguistiche che all'inizio mi sembravano insormontabili, ma poi ho capito che non era quello che doveva spaventarmi, le vere barriere erano quelle culturali.
Pare dunque che in Cina sia prassi fare grosse spese di cosmetici di cui non si conosce il basico utilizzo ("ma alloRa (si. ho avuto la tentazione di mettere le L al posto delle R nel virgolettato, ma non vorrei che qualche cinese che bazzica sul mio blog -migliaia, mi dicono- si potesse offendere...) il tonico lo metto insieme allo scrub?" ...."ok, metto la crema e poi il latte detergente, giusto?!"...).
Dopo di che, se non soddisfatti, si è soliti ritornare dalla commessa babbazza di turno (ovviamente io, eccheccazzo) e lamentarsi del fatto che la roba "non andava mica bene" (??), e richiedere di cambiare una crema viso, già usata, sottolineo, con una seconda, così per provare, che "che ne so io com'è la crema se prima non la provo".
Tutte eh.
Maènnnnormale! Prendi tutte le creme che vuoi, vai a casa, le provi e poi vedi, se non sei soddisfatta le riporti in negozio, che io fingo indifferenza, chemmenefregammè, e le rimetto in vendita.
Essì. Sissì.
Moltobene.
A nulla è valso il mio sforzo di farle notare che avevamo provato insieme, prima della sofferta decisione finale, 3 creme 3, prendendo i tester e spalmicchiandocele con gioia addosso.

Dopo questo inenarrabile affronto sembra che tutti gli occhi a mandorla che incrocio mi fissino con sospetto e disprezzo. La comunità cinese del quartiere già mi odia, lo so.
Non mangerò più il riso alla cantonese con lo stesso animo leggero.
Sappiatelo.


lunedì 28 ottobre 2013

32_è nato prima il copy o la gallina???

Si, lo so, lo so...ma dove cazzo ero finita...avete ragione, ma sappiate che non c'è sosta per la disoccuprecaria (a meno che non sia nella sua fase "disoccu", ovvio, e lì, le ore da riempire si sprecano...), ma la sottoscritta è nella fase training pre-natalizia e per tutti quelli che almeno una volta hanno vissuto il natale dall'altra parte della barricata, sapete che non c'è proprio niente da ridere.
E il peggio deve ancora arrivare. Ma vabbè...

Oggi vi racconto quella volta che, presa da attacchi isterici e convulsioni epilettiche, dopo le classiche dodici ore a computer alla ricerca di annunci, mi incazzo, mando affanculo tutti, soprattutto il bon ton da lettera di presentazione, e invio una mail gag a un'agenzia di pubblicità.
Ma proprio una mail da cazzona, intendiamoci.

Il posto era davvero interessante, si stavano (incredibilmente, data la situazione attuale) espandendo e hanno deciso di lanciare una "ricerca di cervelli", una sorta di gara, proprio via facebook, per trovare nuovi collaboratori.
Passano un paio di settimane (durante le quali ammetto di aver provato un piacevole senso di soddisfazione e liberazione per quella lettera fuori da anni e anni di schemi, convenevoli, leccate stereotipate e cordiali saluti annessi) e...mi mandano una mail!
A me! Alla coglionazza con la lettera cazzona! Ahahhahahahhah, stavo svenendo!!!!
Ragazzi, si trattava di fissare davvero un colloquio, niente insulti o robe simili!

Occhèèèi.
Pausa.
Cioè. No, è che in teoria per poter inviare tramite il form del sito la mia supersimpamegagag mail, si doveva precedentemente scegliere una delle posizioni proposte per cui ci si stava candidando...nello specifico:

* account? ....no, no, per carità!
* creativo/art director? ....ahhahahah, seeeh, seh!
* copy?

Copy?

"Il redattore pubblicitario o copywriter è la persona che scrive tutte le parole della pubblicità (testi per annunci stampa, affissione, radiocomunicati e telecomunicati, e così via). Lavora all'interno di una agenzia pubblicitaria. Insieme all'art director forma la coppia creativa...".

Così da wikipedia.
Non che non avessi idea di cosa potesse essere un copywriter, ma io vengo dalla tradizionale "lettere e filosofia", che da noi mica c'era un corso di laurea ccciòvane e dinamico come quello del copy. Yo.
Che poi io sono pure laureata in beni culturali. Chissà che visione polverosa avranno di noi quelli che studiano pubblicità...
Quindi il copy è uno che scrive. Tutto. Di tutto. Un camaleonte della comunicazione.
Beh, dai, figo! No?
Bèèèèllla! Ho trovato come candidarmi: sarò una copy!

Questo frizzante entusiasmo, ovviamente, prima di sapere di essere realmente presa in considerazione.
Ma quando il colloquio si stava per avvicinare un paio di ansie mi sono salite.
No dai, ansie no...
Voglio dire, sono abituata, i miei colloqui oramai sono visti più come materiale per il blog che reali momenti topici dove si decide del mio futuro lavorativo...maddààààiii!
E ora stavo per varcare la mia prima agenzia di pubblicità: che pettine!

Eccomi puntuale difronte al citofono.
Suono, "si, avanti dritto, segui la corte, giri a sinistra...". Mi ero già persa le indicazioni dopo l' "avanti dritto", ma poco male, ho un buonissimo senso dell'orientamento e faccia da culo Q.B. per essere certa di arrivare alla porta giusta in tempi ragionevoli.
Mi fanno accomodare ad un tavolo, pieno di riviste. Braaaaaavi, penso, almeno per una volta posso camuffare il momento-merdone dell'attesa sfogliando pagine su pagine, su pagine...su pagine...

Ed ecco che tocca a me.
Vengo scortata da una ragazza carina, che solo dopo scopro essere colei che mi ha scelta per le finali dei colloqui (ebbraaaava!), mi presenta il capo, ci sediamo in un'atmosfera tutto sommato molto informale e iniziamo a chiacchierare.
Cosa fai, cosa non fai, e soprattutto: "davvero complimenti per essere arrivata qui, perchè solo una piccolissima parte di tutti i cv ricevuti sono stati selezionati per i colloqui. A 600 abbiamo smesso di guardarli..."
Ahhhhhh, ebbbrava Marta, autopacca (poco convinta!) sulla spalla, e via!

Ma da qui in avanti viene il bello.
Detta brevemente, il tipo credeva (voleva credere, crederà ancora???) che io fossi una copy, a real one.
Studiata in scuole di copySS. Creando pezzi e partecipando a svariati concorsi, che tutt'ora mi sono sconosciuti, concorsi di copySSs'intende.

"Ahahhaha, guarda...ieri ho avuto una ragazza qui ai colloqui che non sapeva nemmmmmmmmeeeno cosa fosse davvero un COPY!!!!"

GULP.
Ma il sorriso stampato permaneva. Stoica Marta resiste e non si piega.
Tipregononfottermichiedendomicos'èdavverounCOPY. Ti prego bambino Gesù.

"...e poi le ho chiesto: Ma tu, quando scrivi??? E qual è il tuo metodo?? E lei sai cosa mi ha risposto?? No, dico, ahahhahahahha, sai cosa mi ha risposto????"

La goccia di sudore-da-panico era lì. Speravo solo non cadesse.
E con lei il mio sorriso inebetito.
La testa continuava ad annuire, bene.

"....mi ha detto che lei non ha un metodo, e che scrive nei ritagli di tempo!!!! ODDDIOOO! Ma si può?!?!? E per di più, per di più, senti questa: scrive e non-si-fa-pagare! Non si fa pagareeee! Ma io dico! Tu devi sapere il prezzo dei tuoi pezzi no?! No??!?!"

No, cioè. Io volevo morire!!!!!!
Voglio dire, si stava lamentando di una povera che sencondo me era pure studiata da copy, ma che poverina, probabilmente per gavetta (o schiavismo, che spesso coincidono), si era pigata a 90 a destra e a manca per cercare di fare il lavoro che voleva fare e adesso era lì, derisa dal tipo davanti a una coglionazza (io) che non sapeva se alzarsi e dire: grazie del vostro tempo, forse c'è stato un malinteso, io sono solo una cazzona, ciao ciao oppure trattenere il fiato, annuire, cercare di far intravedere il fatto che sul mio CV non ci fossero tracce di collaborazioni come copy e premi di scarabeo o quant'altro.
Ovviamente, paralizzata dall'ansia, ho giocato la seconda carta.
E, incredibilmente arrivammo, dopo una domanda-da-tipi-da pubblicità (se dovessimo dare un nome ad una nuova bottiglia d'acqua....come la chiameresti? E la mia geniale risposta: mica posso dirvelo su due piedi qui ci vogliono breefffffsss e analisi dei competitorZ...), arrivammo al grazieearrivederci.
Fiùùùù.
Ero incredibilemente uscita indenne.
Secondo me mi avrebbe presa a botte con dei faldoni se avesse scoperto la mia non copy-aggine.

Ma da questa esperienza, una profonda riflessione.
Non mi si turbino i veri copy che leggono, lo so che questo è un mestiere e che, come tale, vuole tanto studio e professionalità.
Ma io mi chiedo. Se sono potuta risultare "interessante" per un'agenzia di pubblicità, è possibile che io sia bannata da qualsiasi tipo di esperienza ai limiti del copy perchè non sono uscita da un percorso di studi studiato proprio solo per i copy??
Mi spiego meglio. Poco più di 10 anni fa, manco c'erano i corsi di laurea in copywriting.
E che? Nessuno scriveva per la pubblicità?
Ci saranno state persone che, uscite da lettere, hanno avuto la possibilità di imparare il mestiere da qualcun altro. E oggi saranno pure degli ottimi copy.
O no?

Step 2: il mondo ti vuole con in mano una carta che attesti quello che sei.
Occhei.
Vado a vedere corsi, magari serali, di copywriting. A me piace un sacco pensare di poter mettermi a studiare cose nuove!

Step 2: FAILED.
Una sola parola: elitarietà.

Una sola imprecazione: mavafffff!


domenica 22 settembre 2013

31_to the moon and back

E' che io c'ho i miei tempi.
Quelli sbagliati, ovviamente.

Luglio 2009, Marta mette il suo primo (e unico) piede sul suolo americano senza alcun tipo di aspettativa.
Si, l'AmeriGGa, ma a me piaciono le città europee, le nostre piccole bomboniere da scoprire, le stradine strette, le chiese romaniche, i posti che trasudano storia e storie.

Che ci sarà mai di esaltante in una mega metropoli?
Con questo non voglio dire che non fossi super felice di quel viaggio di studio con la cricca del master.
E poi a me parlare inglese piace così tanto...!
Finalmente avrei stalkerato esseri umani e inumani cercando qualsiasi appiglio pur di far conversazione (e sappiate che proprio così è andata. A South Orange (NJ) ancora oggi girano voci di quella studentessa esagitata che teneva banco con sconosciuti al Diner vicino alla stazione. MITO.)

Avrete capito che poi l'esperienza è stata a dir poco meravigliosa.
Vivere in un college (cioè una mini città residenziale arroccata su una collina verde! Maccchèèè èèè?!? figata!!!), dormire nelle stanze degli studenti (o degli acari?!?) che erano tornati a casa per la pausa estiva, fare colazione (e cheeee colazioooone!!!) alla mensa e poi prendere il treno ed essere nel cuore di NY in una trentina di minuti...vabbè, che ve lo dico affà.
E quello che arrivava dopo il viaggio in treno era ancora meglio.
Non vi sto a descrivere le classiche emozioni-da-babba-perlaprimavolta-a-new york, ma sappiate che si, ci sono state.

E poi i musei.
Dio mio, i musei.
Non entrerò nello specifico, ma vi dico solo che per tutto quello che non hanno da mostrare (cioè millenni di storia) hanno compensato fornendo ai visitatori un'esperienza educativa senza paragoni.
Servizi incredibili e una dedizione all'educazione museale da lasciare a bocca aperta. E braccia (cadute) a terra.
E poi, merda, lo scontro con la dura realtà.
Lo scontro di culture.
Vecchio (our little italy) VS Giovane (loro): al Guggenheim ho parlato con una VENTICINQUENNE che ha curato una parte di mostra su Kandinsky.
NO-FUKING-WAY!
Cioè, da noi se non hai almeno 50 anni non potrai mai essere a capo di un cazzo. Non potrai mai essere preso sul serio.
Venticinqueanni, per dio.

Al MoMa gli educatori ci hanno invitato a mandare il cv per l'internship annuale, dopotutto, ognuno di loro ha iniziato a lavorare al museo così.
Aaaaaah, occhèèèi.
Lacrime agli occhi pensando di nuovo come girano le cose (stage inclusi) nel nostro bello stivaletto.

Si, ok, erano altri tempi.
L'inizio della fine inzomma.
E io, bel bella, come tutti voi/noi, non me ne potevo rendere conto.
E, se pur col cuore spezzato a lasciare la terra del "tutto è possibile" (si, aveva venticinqueanni quella, non cinquantacinque, continuavo a ripetermi...), rientravo in Italia carica e pronta a far figate.

Perchèèèè, perchèèèèè, perchèèèèèè non ho mandato il mio bel curriculum fresco di master al moma subito dopo???
Perchè (cojona!) credevo che qualcosa per me si sarebbe aperto anche qui.
Perchè credevo in me e in quello che mi piaceva fare.
Perchè comunque, io potevo aspirare anche a volare un pò più basso rispetto a curare una mostra di Kandinsky a 25 anni. Che, tra l'altro, stavo quasi per compiere.
E le solite menate che già vi ho sparato.
Insomma, avete capito.
Beata ingenuità.
Ma non mi scuso eh, sia chiaro.
Dovevo farlo, non l'ho fatto al momento giusto.

Però....

....però a me 'sta cosa, ad anni di distanza (e centinaia esilaranti esperienze dopo), proprio non mi andava giù.
E allora?
Ehh. E allora alla fine io l'ho mandata la candidatura.

A parte che, già sono entrata in crisi per la lettera di referenze, che qui da noi non si usa e nessuno è abituato a richiederla e, tantomeno, a scriverla.
Grazie a dio le beate anime del museo di Brera non hanno finto indifferenza ma mi hanno aiutata ad avere uno straccio di lettera da presentare.
Daaaaaai, con la carta intestata del Ministero dei Beni Culturali quanto avrei spaccato?!?!!?
Step 2: cv + rispondere alla domanda: Perchè vuoi fare uno stage al MoMa?

No. Scusate.
E' la domanda più bastarda che potessero fare...
Tipo come se ti chiedessero: perchè vui fare una cosa stra fighissima?
Ma perchè è una stramegafigata cazzo!!!! E perchè altro, se no?!?

No, tranquilli.
Non ho risposto come una minchiona. Volevo solo dirvelo.

Dopo il lungo processo, da gennaio a giugno, il tanto temuto rimbalzo d'oltre oceano:
















Reapply next year?!?!?

Si vabbè, ai loro occhi, leggendo l'età, sarò sembrata una vecchia in stato confusionale in astinenza da pillole per l'alzheimer.

Dopotutto, li capisco.
Io, la cosa più figa che ho fatto a 25 anni è stata fare un viaggio a NY, non certo curare una mostra al Guggenheim.

Scusatemi il cazzo.


lunedì 16 settembre 2013

30_roma capoccia: incontri ravvicinati del terzo tipo sognando er cupolone

Sono stata contattata.

No, qui non si tratta di grigi o di forme di vita extraterrestri, e nemmeno di gnomi, gli avvistamenti dei quali, sappiatelo, stanno avendo una crescita esponenziale nell'ultimo periodo (purtroppo solo) nelle puntate irreal-trash di Mistero.

La forma di vita -non aliena, ma decisamente terrestre- che mi ha contattata è Alessandra, una giovane e gentilissima giornalista di La7. Avendo letto l'articolo su Repubblica e incuriosita dal blog e dalla mia storia mi ha buttato lì una proposta che non potevo rifiutare: partecipare come ospite a una trasmissione televisiva!

Meno male che il primo contatto è stato via (santosubito) Facebook.
Mentre leggevo sono stata presa da svariati episodi di dislessia, non riuscivo a far scorrere dall'inizio alla fine nemmeno una frase (si, vabbè, saranno state si e no 5 righe...!), e mi ritrovavo a ricominciare da capo ogni cinque parole.

"Buongiorno Marta. Sono una giornalista di Piazza Pulita, il programma di Formigli su la 7."

Macosacazzz?!?!?

"...Ho letto di te nel pezzo di Zunino, per il prossimo lunedì stiamo lavorando a interventi in trasmissione di ragazzi che ci raccontino il precariato, le difficoltà e il paradosso dello stallo politico nonostante i problemi del paese reale. Mi ha colpito molto il tuo blog e la tua storia. Saresti interessata a partecipare in trasmissione?"

Maccchecosacazzzz?!!?!?!?!?!?!

Si, l'avrò riletta almeno 10 volte prima di metabolizzare. 
Pazzesco, mi dicevo. E me lo dico ancora, ovvio!

Superato il trauma iniziale, la chiamo, parliamo più di mezz'ora come se fossero 10 minuti e ci lasciamo contando di risentirci più in là nella giornata, nel caso fossi riuscita a ribaltare i miei turni e, quindi, essere a Roma lunedì in giornata. 
Per la cronaca era venerdì. 
Si. Venerdì 13. 

E il programma è stasera. 
Giàggià. Lunedì 16.
E cosa ci faccio io a scrivere sul blog?
Sarà forse comodamente seduta su un frecciarossa, vi chiederete?
Nah.
Starà sorvolando lo stivale diretta a Fiumicino??
Naaaah.

Sono a casa. 

"NUOOOOOOOOOOHHHHH!!!!".
Grazie per il "nuoh" di sostegno che spero non siate riusciti a trattenere.

Ebbene si.
Purtroppo, all'ultimo minuto (e si sa che i tempi televisivi viaggiano su binari paralleli a quelli del mondo reale) la cosa è saltata perchè la produzione, secondo quanto riportatomi dalla cara Alessandra, ha deciso di indirizzare la puntata più sul politico che sul sociale, eqqqquindi, pagare la trasferta a Marta col rischio che avesse solo il tempo di un veloce saluto in camera diretto a sua nonna (per farla finalmente felice e orgogliosa di lei, visto che di nozze col coinquilino proprio non se ne parla...)...ecco...diciamo che non se la sono sentiti.
Ecccccecredo! 

Ahahhahahah, yeah.
Sfumano così i miei 15 minuti di popolarità che Warhol mi aveva promesso.
Li mortaaaaaccci.......!!!!!

E qui, l'imprecazion romanaccia ce sta come 'na ciliegina sulla torta.

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martedì 10 settembre 2013

29_rimbalzi patinati: a corte dal re

Nel breve periodo della vita di ogni laureato che gira attorno a quei dodici-mesi-dalla-laurea, che lo insigniscono automaticamente dello status di "neolaureato", il suddetto sembra essere al centro del mondo lavorativo.
Sembra che ogni offerta di stage e di lavoro sia rivolta proprio a lui.
Sembra che tutti vogliano trovare TE: brillante, umile, sveglio, con tanta voglia di fare, di mettersi in gioco e bla bla bla.
Poi, senza che tu te ne renda conto, inizi a non avere più alcun tipo di riscontro: si certo, la crisi.
Ma ragazzo, dacchè scatta il tredicesimo mese, tu non sei altro che un banale laureato.
Se eri brillante, hai di certo smesso di emanare abbastanza luce per richiamare la loro attenzione.
Fattene 'na ragione.

Ma non vorrei farvi pensare ad un post pacco.
I post pacco sono come una ragazza in carne in lizza per un posto di receptionist per una società fighetta: decisamente fuori luogo.

In quegli splendidi mesi da neolaureata ho avuto un sacco di bei colloqui (o meglio, di colloqui in bei posti), che, ovviamente, sono finiti in nulla, se no non sarei qui a raccontarvi i cazzi miei...ma a fare ape pettinati all'arco della pace.
Il primo ve l'ho già raccontato qui, e per chi se lo fosse perso, consiglio vivamente di andarsi a fare due risate alle mie spalle.

Ma veniamo a noi.

Ottobre 2008.
Vengo contattata da Umana per un colloquio: la descrizione della posizione a cui mi ero candidata non mi era del tutto chiara, ma dal mio fiuto (che muoveva allora i primi passi -o sniffi?- nel mondo degli annunci di lavoro), sentivo che c'era qualcosa di sostanzioso dietro quel misero: "cercasi assistente commerciale per importante showroom "....
Nel bel mezzo di una interessantissima master-lezione di iconologia e iconografia (no, ma che cazzo vi ridete? Era davvero interessante!), mi vibra una chiappa.
Il cellulare!
Il colloquio!!!
Prendi l'arte e mettila da parte, soprattutto se ti chiamano all'improvviso da un'agenzia di selezione.
Alla tizia andavo bene, poteva finalmente svelarmi da chi sarei andata a fare il secondo colloquio.

Ragazzi.
Sua maestà del grigio e dell'eleganza: nientepopòdimenocheeee Re GioVgio!!!
Micacazzi.

Dall'esaltazione al panico più logorante in meno di trenta secondi: e adesso che cazzo mi metto?!?!??!?

No, ma state scherzando??? Potete minimamente immaginare che cosa possa voler dire essere chiamati in udienza da re GioVgio in meno di una settimana e non avere NIENTE da mettersi?!?
Si, perchè, gioie mie, quando ero andata dal duo del fashion, l'anno prima, ancora entravo nel mio vestito di laurea e quella maglia fuxia sotto la giacca, se per loro poteva andare, mi avrebbe sicuramente schifato la corte del re, abituati a quell'eleganza-da-grigio medio.
E poi, diciamocelo, che il punto fondamentale è proprio questo: ma che merda ne so io di moda?!??!?
No perchè, qualcosa mi diceva che la prima impressione sarebbe stata quella che avrebbe deciso le mie sorti. Ancor prima che io avessi potuto aprir bocca.
 Il sotto era la parte più facile da sistemare: pantalone nero, non troppo elegante, non troppo easy, con scarpa dal tacco medio, non troppo bassa, non troppo alta, dato che comunque avrei avuto ugualmente dei problemi deambulatori sopra il tacco 5.
Il sopra doveva essere necessariamente: camicina carina, non troppo vistosa, non troppo sfigata, sotto giacca nera, ovviamente non troppo ingessante e non troppo ccciòvane.
'Na cazzata, in pratica.

E venne il giorno.

Degne di nota le ore pre-colloquio: dalla vestizione (con minuzioso tentativo di rimozione di ogni singolo pelo felino presente sui capi indossati, una partita persa che si conclude sempre con il mettere in borsa la spazzolina appiccicosa e rimandare il problema al più tardi possibile), al viaggio in treno da buona pendolare, con la speranza di non sederti su una cicca o non essere riconosciuta da nessuno dei tuoi amici, fino all'arrivo in zona, con conseguente strizza, movimenti di pancia imbarazzanti e la consapevolezza di muoverti legiadra e a tuo agio nello spazio come una foca obesa ad un vernissage modaiolo.

Il posto poi aiutava a rilassarsi.
L'ingresso, piccolo pertugio tra due enormi blocchi di cemento, sembrava l'entrata di una prigione di massima sicurezza, e infatti, pure lì, a presidio, c'era un signore in divisa che aveva l'aria di non voler ricambiare il mio sorriso abbozzato quando, con un filo di voce, gli chiedo dove sarei dovuta andare.
Mi scortano a una sala d'attesa.
Supero un grosso salone grigio, salgo delle scale ipermoderne (tutte cemento e grigio) e mi fanno accomodare (si fa per dire...) su dei divanetti in pelle. Grigi.
Io avevo una camicia grigia.
Marta, sei sul pezzo. Questo propro non te lo toglie nessssssuno.

Io, che sono animale sociale, tendo sempre a molestare i candidati che trovo in attesa con me, massì, per stemperare l'ansiella.
Al mio fianco c'era una ragazza magra magra, con la faccia tutta tirata e serissima.
Le sorrido e la convinco a scambiare due parole.
E' super in tensione perchè arrivava da un colloquio da P., e lì l'avevano trattata malissimo.
Bene.
La rassicurazione che stavo cercando. Le giuste parole per passare questi interminabili minuti.
Da lì in avanti ho preferito il silenzio.

Arriva il mio turno.
Entro, decisa stretta di mano, sorriso a cinquanta denti, mi siedo e...non so come cazzo sedermi per non sembrare ingessata o, in alternativa, un sacco di patate.
Il segreto è il culo in punta di sedia. La ricerca di un equilibrio fisico e mentale.

E' passato così tanto tempo che non ricordo moltissimo di quel primo colloquio.
Ricordo comunque di essere stata messa inaspettatamente a mio agio, ricordo di aver raccontato le mie scelte di studi, il mio carattere, che cosa pensano di me i miei amici (?!?) e risposto piuttosto egregiamente a classiche domande adesso-ti-metto-in-diffcoltà.

Due giorni dopo mi richiama l'agenzia: il colloquio era andato bene!
Ero felicissima!!!
Dovevo però presentarmi ad un secondo step.
E via in loop, con le classiche menate da outfit!

Il secondo colloquio va, questa volta alla tizia HR si è aggiunto un tipo.
La tizia mi invita a ridire quello che, la prima volta, avevo già detto a lei.
Occazzo. Vorrà mica vedere se le versioni dei fatti concidono?!? Ahahahhahhhah.
Ma lì per lì, non è che avessi molta voglia di ridere...

Con mia immensa incredulità due ORE dopo il colloquio, Umana mi richiama per dire che ero piacuta molto anche al tizio nr.2, e che avrebbero voluto fare al più presto un ultimo colloquio (cioè, anche l'agenzia sperava potesse essere l'ultimo...!).
Yeeeehhhh!!!!
Ma che te ridi che hai finito le giacche?!?!?!?
Merda!!!!!!

Faccio anche quest'ultimo colloquio, tutti sorridenti, tutti felici, io incredula ma speranziosa: edddaiiii!!!!
Ormai ero di casa, l'ultima volta ho pure salutato spavaldamente il tizio all'ingresso, dicendo tipo "vado eeeh...". Che cogliona!!!

Mi richiama la ragazza dell'agenzia, era felicissima per me. Io di più.
"Quindi è andato bene?!? Ci siamo???", le chiedo.
"Eh, sembra proprio di si, ora devono mandarci solo il contratto. Appena ce l'ho ti chiamo!"
Non mi era mai capitato di assaporare quel momento.
Era una sensazione inebriante, bellissima, incredibbbbile, come camminare a due spanne da terra.
Allora è così che ci si sente quando vieni SCELTA.
Proprio tu.
E per di più, in un posto davvero bello. Chissà quanto avrei imparato. Dei culi e del mobbing ancora non ci volevo pensare. Era il mio momento di gloria, cazzaccio!
Si, ciao, no, scusa, lavoro da GioVgio. Sai com'è...

Suona di nuovo il cellulare.

"Marta... ....."
"SI!!!!"
"....ecco. Non so come dirtelo..."
A cazzo di cane, così, forse?!?!
 "...noi non sappiamo come sia potuto succedere....eravamo in attesa del contratto...poi l'azienda...poi, c'hanno chiamato dall'azienda e...e ci hanno detto che avevano trovato direttamente loro una candidata da inserire...mi spiace molto...a volte purtroppo capita...beh...a noi non era mai capitato....mi spiace".

BOOOOM!

Per la verità, quindi, non ho mai assaporato quel momento.
Non sono mai stata veramente scelta.
Sono capitata in posti e sono andata bene. Per il momento, finchè "contratto in scadenza non ci separi" e roba così.

Per la cronaca, ricapitai a corte qualche anno dopo, per uno stage nell'ufficio stampa.
Lì si che avrei dovuto avere paura.
Fiiùùùù, meno male che non m'hanno preso...

That's all folks!

domenica 1 settembre 2013

28_settembre

Fin da bambina, sono sempre stata una di quelli che vivono le domeniche in merda al solo pensiero che, il giorno dopo, sarà già lunedì.
Quello che non riesco a spiegarmi è che cazzo avessi mai da fare il lunedì, in 5° elementare, per altro, per prendermi male la domenica.
Ma si sa, noi anime sensibili viviamo in uno stato premestruale costante, indipendentemente dal nostro movimento ovarico.
In controtendenza a questo assurdo sentimento c'erano le giornate d'agosto dove, quando tutti iniziavano a lamentarsi delle ferie che stavano per finire, io sono sempre entrata in una fase di superaspettative e positivismo a go-go, che riusciva a darmi un appagamento totale al solo pensiero della scuola/università che ricominciava, delle nuove cose (??) che sarebbero successe e delle nuove persone che avrei incontrato (-parentesi-. Più che a quella di un'universitaria, la mia vita tra i chiostri della Cattolica è somigliata a quella di una monaca di clausura, ma vabbè).
Alle elementari odoravo maniacalmente il sussidiario, sfogliando le pagine ancora intonse.
All'università, già a luglio, cercavo on line il programma di questo o quell'esame, con una curiosità e un'aspettativa ridicola, tanto sapevo che per il 99% dei casi, il corso in questione mi avrebbe deluso.
Quello che non è mai cambiato è il mio feticismo nei confronti degli articoli di cartoleria: penne, matite, agende, gomme, pennarelli, qua-der-ni. Ne avrei comprati a migliaia.
Ne comprerei ancora a migliaia. Ma il coinquilino me lo vieta, facendomi notare quanti quaderni, comprati e mai utilizzati, ho accumulato nel corso degli anni, soprattutto quelli post-laurea.
Volete mettere la gioia di iniziare un nuovo quaderno? Magari di quelli con la spirale, divisi in sezioni, un pò a quadretti e un pò a righe...e la pagina bianca, liscia, tutta da riempire....
Si lo so, non sto bene.
Provo ancora una piccola sofferenza, oggi, quando entro nei negozi che promuovono le novità per la scuola e io devo contenermi e passare indifferente tra quelle figate!

Settembre era il vero gennaio, per me.
Niente cambiava dopo le feste di natale: stesso freddo, stesso grigio, stessa classe, lunghe attese.
A settembre, invece, iniziava a cambiare anche il tempo. Ma non faceva cagare come l'inverno.
Si continuava un percorso o, quando andava meglio, si iniziava qualcosa di totalmente nuovo.
Adoro iniziare qualcosa di nuovo.
Il mio problema è che ci metto ancora oggi tutte le aspettative irrazionali che ci mettevo da bambina.

E, per la cronaca, proprio questa notte ho sognato di compilare la preiscrizione per non so che cosa.

E' proprio arrivato settembre.
Ho proprio bisogno di novità...

domenica 18 agosto 2013

27_vacanze precarie/2


 04:25

Dopo essermi rigirata tutta la notte, mi sveglio di botto, occhi a palla e la certezza: devo sboccare!
Comodo raggiungere la tavolozza se dormi in un soppalco dove per sdraiarti devi strisciarci dentro da metà scaletta. Si, molto poetico e romantico. Ma decisamente non pratico con impellenze quali quella in questione.
Non avendo, appunto, nemmeno lo spazio per stare seduti, mi rigiro e striscio sulle chiappe fino alla scaletta in legno. Dovendo scendere di testa ho anche rischiato di ribaltarmi.
Arrivo in bagno e ripropongo la prima cena corsa.

Il giorno dopo sono in stato comatoso.
Mi sento mollissima, mi fa malissimo lo stomaco, non riesco a mangiare niente, sono affaticata a camminare e vorrei solo dormire.
Si. M'hanno intossicata.
Del secondo giorno ho dei ricordi poco lucidi.
Siamo andati in questa spiaggia che sarebbe dovuta essere bellisssima: Ostriconi.

A parte il fatto che io stavo demmerda, che ad arrivarci per strada ci abbiamo messo 45 minuti (tuttecurve), che poi, una volta arrivatiti, ti sei dovuto fare a piedi quindiciminutiquindici di camminata sotto il sole per arrivare a superare prima un mega stagno e poi un'immensa montagna di sabbia...no, beh...diciamo che c'è stata grande soddisfazione nel vedere che la spiaggia fighissima, quel giorno, grazie al temporale notturno, era piena di merdosissime alghe. E quando dico piena, intendo che l'acqua sembrava putrida e non c'era alcun modo di poter fare il bagno.
Ero talmente incazzata, maaaa taaalmente incazzata, che non ho nemmeno fatto una foto reportage, che ora mi sarebbe stata d'aiuto per rendervi l'idea.

Dal terzo giorno le cose sono iniziate a migliorare. Rassegnati ormai al fatto che senza un'ora e passa di macchina non saremmo mai arrivati a nessuna spiaggia, abbiamo iniziato a girare qua e là alla ricerca di spiaggette più o meno solitarie.
A parte qualche medusa nelle prime, per il resto siamo rimasti davvero soddisfatti.

Arriva il venerdì sera e, il giorno seguente avremmo dovuto lasciare la camera perchè la simpatica signora affitta di settimana in settimana, ma partendo dal sabato. Quindi, noi che siamo arrivati di domenica, non solo ci siamo fottuti un giorno, ma ci siamo anche dovuti fare lo sbattimento di trovarci una sistemazione per l'ultima notte.
A noi la comodità ci fa schifo.
Arrivati davanti alla porta , troviamo un biglietto della tipa che ci ricorda, in un italiano da google translator, quanto le dobbiamo ancora per la camera e....il coinquilino mi invita a venire a leggere coi miei occhi.
 La tizia vuole 40 euro per le due salviette e il lenzuolo.
QUARANTA EURO per due stracci che A) non sono mai stati cambiati e B) le lenzuola erano pure sminchiate e troppo piccole per coprire entrambi i materassi del loculo.
Ma che poi la cosa assurda è stata questa: noi credevamo ci avesse fatto un piacere, voglio dire, se ce le dai "in affitto", ci dici quanto paghiamo, che con 50 euro mi vado a comprare tutto il corredo, io.

Momento psicho del coinquilino.
Vuole una penna.
Vuole una cazzo di penna per scriverle e mandarla affanculo.
Per uno strano caso del destino, io che ho sempre carta e penna dietro, non trovavo una penna.
Ho rimuginato tutta la sera (e, conoscendomi, anche la notte!) sul discorso da farle, sempre con il mio francese ad alti livelli, s'intende.
E' che quella non parlava inglese. Ma cazzo, ma puoi non parlare inglese? Ma veramente???
Massì, e io ti faccio il culo in francese con le 4 cazzo di parole che so!
(...e non avevo neanche internet -se non a pagamento!- sul cel: avrei steso un discorso coi fiocchi, mannaggia!)
Arriva il momento di far rissa. Il coinquilino è carichissimo. Eccerto, mica deve parlare lui!
"...eh, ma qui si usa così...bla bla bla..."
"...si, sarcazzo, se mi dicevi che me lo facevi pagare, me le compravo da sola..." (o almeno, questo è quanto ho cercato di dire).
Beh, morale, l'avrò talmente asciugata che alla fine m'ha detto "...va bene così, va bene così...."
Ooooooooecheccazzo!!!!

Partiamo per la nostra ultima destinazione. Un'altro cazzutissimo paesino montanaro.
Ci arriviamo, chiediamo informazioni sull'ubicazione della casa Marigaby, ma nessuno ce lo sa dire, dove si trovi 'sta casa. Entriamo nella stradina che sale verso la montagna.
Strettissima.
Pendenza 90%.
Mi prende la claustrofobia mista a mò-ce-ribaltiamo e penso che non riusciremo mai a rigirarci per riscendere.
Getto la spugna. Troppa sofferenza in quella macchina. Io scendo a piedi.
E inizio a girare tra le villette arroccate alla ricerca di informazioni.
Poi, una vecchia mi dice che forse è la casa che sta più in alto di tutte. Uuuuuh, benebene.
Bisogna risalire tutta la strada. C'è anche un momento in cui la povera macchina dà segni di cedimento.
E' la fine. Aiuto!
Svoltiamo nel cortile della presunta casa e, ovviamente, nessuno ci caga.
Poi, dopo un pò, finelmente si palesa una tizia. Il posto era giusto. Eravamo arrivati, finalmente.
Era tipo l'una.
Metà giornata dell'ultimo giorno l'avevamo persa così. Ora ci restava il pomeriggio e la sfacchinata alla ricerca di una spiaggia.

Finiscono così, un pò a cazzo, le nostre vacanze precarie.
Come finisce così, un pò a cazzo, anche questo post.

E se sono andate bene a me, buone vacanze a tutti!

giovedì 8 agosto 2013

26_vacanze precarie/1

02:45.

Perchè, non avete mai puntato la sveglia alle 2 e 45?
Io, no, vaccaboia, e quindi, dopo un giorno di lavoro zampettante con annessa chiusura di negozio e smazzi vari da fine settimana, la mia costante difficoltà a prender sonno se non con quella bell'ora di riflessioni profonde che accompagnano il mio crollo da sfinimento...ecco, diciamo che il primo giorno di vacanza non è proprio iniziato con leggerezza.
"Dormi eh!", mi ha caldamente consigliato il premuroso coinquilino, "che tanto non c'è in giro nessuno e io son sveglio".
E, secondo voi, ansiotica come sono, ho chiuso occhio durante la tratta  Milano-Livorno??
Ovviamente no.

Il trauma del traghetto a orari del cazzo, con partenze da porti a cazzo, è la prima sfumatura del variegato mondo della vacanza precaria, o, se vogliamo fare i fighetti, della vacanza low cost.
Noi che "macheccazzocenefrega, l'importante è risparmiare anche solo 10 euri" e siamo pronti a tutto.

Tra l'altro io soffro anche il traghetto.
Ma 4 ore di traversata vanno affrontati stoicamente se, smanettando su internet, vedi che il volo ci metterebbe la metà del tempo (o anche un terzo), ma ti costa il doppio.
Quale nausea??!?
Siamo ancora in coda per imbarcarci, sotto un sole che ci sta già distruggendo, quando inforco i miei polsini antisbocco. Sono un pò come (?) una bambina: c'è chi indossa un mantello e diventa invisibile e chi, come me, si polsinizza per essere certa che tutto andrà bene.
Nel dubbio, comunque, non che non creda nell'efficacia dei miei super polsini eeeeeh, dicevo, nel dubbio, mi astengo dal mangiare e/o bere qualsiasi cosa.
Ottima mossa per una traversata ad agosto sotto 40°. Bravamarta.

Arriviamo finalmente in terra Corsa, superiamo la città principale e iniziamo a tastare con mano (o con macchina) i racconti degli amici: "...una strada sola...strade strette...tutte curve...."

Offiga.
Un sacco di curve.
Ma delle mega curve. Ma che tipo il rettilineo non esiste MAI.

Tra l'altro io soffro anche nelle curve.
Cazzo ridete?
Da piccola ho anche sboccato su mio cugino e sulla macchina di mio zio, all'ennesima curva in cui mi lamentavo e venivo pivellamente ignorata. Tzè!

Comunque col passare dei chilometri il mio stomaco s'è fatto de fèro e devo dire che sono stata una vera signorina, e che quasi quaaaasi non sentivo nemmeno gli sbalordoni alla testa (che, chi soffre d'auto, sa essere il primo sintomo verso la nausea mortale).

Il posto dove abbiamo deciso di stare, noi che snobbiamo le città sul mare e preferiamo farci altri 25 minuti per e dal villaggio, stava appunto a inculandia.
Arriviamo stravolti dopo una cosa come 11 ore di viaggio (se fossimo andati a NY, ci avremmo messo molto meno...) e, una volta davanti alla porta suoniamo.
Ma nessuno ci risponde.
Cerchiamo un'entrata secondaria.
Ma non c'è nessuna entrata secondaria.
Proviamo a chiamare il numero che abbiamo segnato.
Ma non funziona.
Vedo poi una tipa che esce da una porta accanto e le chiedo dove minchia fosse M.me Bezza.
"E' partita. Oggi non c'è".
Ma stai scherzando???????
"....Ah ma voi siete forse quelli che dovevano arrivare??"
Ragazza. Che arguzia!
Ci porta davanti a un cancelletto e ci saluta.

Entriamo.
Puzza di chiuso a parte, la minicamera è carina.
Tempo di sedermi sul cesso per fare una pipì da campioni che realizzo: non c'è carta igienica!
Ma! Ma! Ma non ci sono neanche gli asciugamani, del sapone e soprattutto...le lenzuola, cazzo!!!
Non avendo neanche più le forze per incazzarsi (lui, io ce le avevo in realtà) decidiamo di uscire, buttarci su una spiaggia e rilassarci un attimo. Per le lenzuola, ci avremmo ripensato.

Occchèèèèi! Dai che si va al maaareeee!
Riprendiamo la macchina, usciamo dal paesino (20 minuti), ci buttiamo sulla strada principale, arriviamo alla prima città (altro quarto d'ora), St. Florent, e cerchiamo parcheggio. Anche se in giro non c'era molto casino in termini di esseri viventi, c'erano comunque macchine OVUNQUE.
Dopo altri 20 minuti per piazzare la macchina, scendiamo, rincoglionitissimi (il termomentro è arrivato a segnare 43° in quei giorni) e ci addentriamo.
Cerchiamo invano del cibo che non fosse hamburger o roba fritta e ricadiamo sulla mia prima proposta: megagelato e via. E via! In spiaggiaaaa!
Ecco, si. La spiaggia?
Eh, no. Niente Spiaggia a St. Florent. Solo porto.
-____-

Bene, rimettiamoci in macchina, voglio dire, siamo ad un passo dal mare, che ci vorrà a trovare una spiaggia???
Ragazzi! Dopo un'altra mezz'ora di tentativi arriviamo in una spiaggia del cazzo, maaa deeel cazzo, che se andavamo a Massa in Partaccia era più pettinato.
Io ero rassegnata.
Smadonnamenti inenarrabili nel mio cervello.

Torniamo a casa, in merda, ovviamente.
E chi ci viene incontro? Mais oui, M.me Bezza.
Io, sfoderando il mio fluentiiiisssimo francese delle medie le faccio notare che, figa!, non c'è niente là dentro!
Lei mi guarda con sorriso compassionevole e mi dice: "Non avete portato niente???".
Eh, no.
Se ne va e torna con due asciugamani, un lenzuolo, una coperta e due federe.
Meno male che la carta da culo me l'ero poi comprata, ho pensato.
Ringrazio, e mi tranquillizzo.

Dai, doccia rinvigorente, e poi via (altra mezz'ora di macchina!), verso una bella mangiata a St. Florent, nonchè unico posto raggiungibile nel giro di un'ora.
..... ..... ..... ......

lunedì 22 luglio 2013

25_l'agenzia/2: epilogo

E venne il giorno.

Piena di speranza, citofono.

Entro.
              Scendo.
Apro.

Voglio richiudere e andarmene, ma non posso.

Tutto era ESATTAMENTE come il mese precedente. Stesso casino, stessa polvere, stesse facce noncuranti del bordello circostante.

Moltobene.

"Mettiti comoda...!" - ...ma mi prendi per il culo?!??!???

Mi saluta poi una ragazza che avevo intravisto anche il giorno del colloquio, è lei che se ne va e che dovrò sostituire.
Mi ci siedo di fianco e capisco già dal suo sguardo, sotto il sorriso cortese, che non mi invidia per un cazzo. Ma proprio un cazzo.
Davanti a noi una scrivania con un portatile quasi sommerso da scontrini, bigliettini, fogli, cartacce e, sulla destra, faldoni strabordanti di documenti stavano impilati lì da chissà quanto tempo.
Già.
Ma non si erano APPENA trasferiti???

Marta, non è il momento.

"...ecco, vedi...qui ci vanno le fatture, qui quelle non ancora pagate, poi dovresti farti tu uno schema per star dietro eventualmente ai recall per i pagamenti, poi ricordati di chiedere sempre a tutti gli scontrini, che non sempre te li danno, che poi metti qui...però, no, allora qui ci sono le cose della banca, ecco...tipo qui vai per pagare i ragazzi (MA! Io?!?), ecco, qui trovi il contatto per organizzare i viaggi e...si, qui ci sono un pò di numeri di telefono utili...."

"...eh, lo so...lo so...." -aveva perfettamente letto ogni singola imprecazone nella mia mente.

"...ora, io dovrei affiancarti...è solo che...non mi pagano per farlo e io ho già fatto fin troppo...quindi, io vado...magari ci sentiamo nei prossimi giorni e vediamo se riusciamo a incrociarci di nuovo...."

Oh-vaccammmerda.

Il mio primissimo compito è stato questo: cercare di recuperare una fottutissima e costosissima (nonchè nuovissima) Canon professionale, lasciata sbadatamente su un volo NY-Orlando dal capocchia, durante un viaggio di piacere con la famiglia.
"Marta. Non ho la più pallida idea di che cosa si possa fare. Pensaci tu. Rivoglio la mia macchina".

Ho passato il mio primo pomeriggio telefonando a tutti i fottuti aeroporti d'america, parlando con tutti i cazzo di lost&found e segnandomi lunghissimi codici che poi, a quanto mi ricordi, non mi sono mai serviti a una mazza.
Ovviamente la canon non venne mai più ritrovata.
Ma nuovi e ben più stimolanti compiti battevano alle porte del mio nuovo lavoro.
Gli scatoloni.

"Marta. Vedi. Tu e lui ("lui" è un'altro caro ragazzo che lavorava lì e no, se ve lo state chiedendo, no. anche lui adesso non ci lavora più) dovete aprire, visionare, dividere e risistemare tutte le cose che troverete là, dentro a quegli scatoloni. Laggiù dividete i macchinari e il resto lo mettete da qualche parte, che ne so. Non ho la più pallida idea di cosa ci possa essere. Fatelo".

Se voleste passare da quelle parti credo che possiate avere altissime probabilità di trovare le cose come le abbiamo lasciate io e "lui", prima di desistere. Prima che un altro impellente compito ci venisse richiesto.

"Ma dove mangiate??"
Non c'era traccia di un angolo-cibo, tantomeno di un frigo o di un microonde.
Al che, al capo, venne l'idea che io, "lui" e la povera ragazza che se ne doveva andare ma che, in qualche modo, riusciva sempre a venir ricatturata nel vortice dell'agenzia, dovessimo comprare e montare il nostro angolo cucina.
Le mansioni di carpenteria si alternavano a uscite per procacciarci, non solo il cibo, ma addirittura il tanto agognato microonde, che IO obbligai a comprare.
Ricordo ancora come fossei ieri il piacevole trasporto del microonde in metro e poi a mano, fino all'ufficio dai nostri due poveri corpi agonizzanti.

Arrivò il momento dell'organizzazione dei viaggi di tutto il team (circa 15 ragazzi) per le sfilate aaaaalll around the world. Yeah. Sessioni infinite di telefonate col povero tipo dell'agenzia viaggi che alla fine avrà avuto un esaurimento.

Poi il cellulare aziendale.
Sissì. Figata. Proprio.
Soprattutto se ti si mette a squillare senza sosta alle 4 di notte, rischiando di farti venire un infarto e poi, rispondere, tra il sonnambulo e l'impanicato, per sentire, dall'altra parte, solo dei rumori di sottofondo e nessuna risposta.
"Marta. Eh, mi dev'essere partita una chiamata da NY".
Eh beh, certo.

Un altro impagabile momento è stato quello del primo contatto telefonico con la banca.
Per chiedere dei soldi o di sbloccare non so che carte, o forse tutte e due le cose insieme, che, visto il posto, mi sembra la ricostruzione più plausibile.
La tizia dall'altra parte del telefono, appena mi presento con voce pacata e un pò imbarazzata (si, perchè non è che avessi molto chiaro quello che dovevo chiedere...), mi fa: "Ma lei chi è??"
"...eeeh, sono nuova...veramente io..."
"...ah è nuova?!? Sa cosa le dico? Io fossi in lei me ne andrei immediatamente da quel posto, immmediatamente!".

Era il mio day-2.

Poi niente, da tutte queste esperienze ci sono anche belle cose che porti a casa, le persone che conosci, ad esempio. Sdrammatizzare è fondamentale, farlo in compagnia è molto meglio.
Io, dopo il mio day-2, ho avuto serie difficoltà a sdrammatizzare, ma vabbè.

E poi l'esperienza da fare almeno una volta nella vita: ho visto e vissuto (ragazzi, con back stage annesso e come special guest il vecchio Karl, micacazzi...) la mia prima ed ultima sfilata di moda.

Che una può bastare.





venerdì 12 luglio 2013

24_fatti, strafatti, strafiga e strafottenza: dieci minuti di ordinaria follia

Io coi rossetti c'hopprobblemi.

Vi ricordate l'arzilla ottantenne che voleva fottermi e cambiare un rossetto che aveva comprato e, sottolineo, usato, di fronte ai miei occhi il giorno prima?
Ma lì, messa di fronte all'evidenza e, dopo averci riprovato giocandosi l'ultima carta dell'alzheimer con la domanda: "ma allora non me lo cambia?", si è risolto tutto con un gentile "eh-no-signora-no". E bom.
Il rapporto donna-rossettosbagliato, è un binomio mortale, che può portare a episodi di inaspettato delirio, come quello di oggi.

Piccola premessa.
Negozio pieno. E quando dico pieno, intendo gente compattata e impaziente che sbuffa (ma non desiste!) e che ti fulmina con gl'occhi, che sei tu che sei lenta, micacazzi.
M'era sembrato di sentire del subbuglio in un angolo del negozio, ma, da brava stachanov, occhi bassi su quello che sto facendo, che ci vuole un niente per dover rifare uno scontrino e, ancora meno, che quelli in coda si sentano in dovere di tirarmi addosso litrozzi di bagnoschiuma per esprimere in modo più cristallino il loro disappunto.
Il vocio si fa più aggressivo e sento dei confusi "EEEE ALLORAAA!! EVVVAIII, CRETINAAA! VOI non siete normali, DONNE!!!!".
Fingere indifferenza. Sempre. Almeno fino a che non la puoi proprio più scampare.
E difatti...
...sto servendo una signora e, all'improvviso, il tipo che urlava in fondo al negozio viene dritto verso di me, districandosi tra le sciùre in attesa, trascinando con sè una biondona secccasecca di un metro e novanta con la faccia tutta sconvolta, il rossetto sbausciato e l'occhio gonfio quasi da lacrime.
Il tipo mi punta il ditozzo in faccia e urla: "ALLOOOORA! Qui risolviamo la cosa, diglielo -guardando lei e strattonandole il braccio- DIIGLIELO! Te l'ho detto mille volte, CRETINA, che ti vogliono fregare, quando compri una cosa devi aprirla...diglieloooo!!!".

Flashback.
Ieri.
Negozio pieno. E quando dico pieno, blablabla, ok??!?
La bionda strafiga era con un'amica che stava facendo un acquisto. Decide di prendere un rossetto per lei, mettendolo nello scontrino dell'amica, che poi si sarebbero messe a posto coi soldi.
Bene bene.
Va a sceglierselo da sola, il rossetto. 'cause big girlZ can do that by theirselves.
O forse no.
Pagano, ciao ciao, grazie grazie, prego prego.

"E' colpa tua!!! Il rossetto non è del colore che volevo, e adesso come faccio????". Mi dice blondie.
"L'hai usato?"
"No".
"Non è quello che hai tolto con un polso incazzandoti quando hai realizzato che non era il colore che volevi e che ti ha ridotto la bocca così, giusto? Nooo eh?"
No. Non l'ho detto, questo l'ho solo pensato.
"Lo scontrino ce l'hai?"
"No. La mia amica l'ha buttato. E poi che c'entra, è colpa tua se ho preso il colore sbagliato!"

E' colpa mia anche l'attuale crisi e lo scioglimento dei ghiacciai, se ancora non lo sapevate.

Ma il bello viene col tipo. Che, semplicemente, sbotta!
Inizia a urlare, è sudatissimo, mi spaventa persino le sciùre che, adesso, sono contente di essere in coda per godersi in toto il siparietto e la drammatica escalation.
"Non è possibile, a lei serviva il rossetto per un matrimonio!!! E ADESSO?!?!"

Oh-buon-dio.

No. Ma veramente.

Il tipo urla, lei si lagna, io sono spossata e pezzata dallo stress fino alle caviglie.
Le sciùre sono bellissime. Certe se la sghignazzano.

Apprezzo un sacco la solidarietà delle sciùre, che, quando vogliono, sanno riportarti coi piedi per terra semplicemente tirandoti occhiate di approvazione. Del tipo "machettincazziaffà" o "gioia.èunapartitapersa". Alle quali segue l'occhiata "dai, che faccio tardi alla pedicure!!!".

Vabbè.
Alla fine il tipo urlante, che nel frattempo era entrato ed uscito dalla porta del negozio almeno due volte (iperattivismo da stupefacente a manetta), riesce per la terza volta e la bionda, spaesata, gli corre dietro giurandomi che non sarebbe finita così.

A lunedì, ma chérie.
Per un buon inizio di settimana, ancor prima che la settimana finisca.

lunedì 8 luglio 2013

23_l'agenzia/1: preludio di un successo

Luglio di un imprecisato anno della mia imprecisata vita pseudo-lavorativa.
Sono di nuovo disoccupata.
A ben vedere, sono per la PRIMA volta, disoccupata.
Ma devo dire che, ai tempi,  l'impatto con questo nuovo status non mi ha disturbata più di tanto: ero libera. Libera di trovare qualcosa di meglio. Libera di fare un passo in avanti alla ricerca del MIO tanto desiderato quanto confuso lavoro i-d-e-a-l-e.
Spallucce al fatto che fossero mesi e mesi che non avevo alcun riscontro dai civvì che mandavo, che alla fine fossi stata lasciata a casa ancor prima di aver trovato, non dico un lavoro, ma per lo meno uno straccio di colloquio.
Nessun vero smadonnamento.
Come ero zen. 

Ci credevo proprio. Che sarebbe arrivato qualcosa per me, intendo.
E, infatti, alla facciazza dei presi male, due settimane dopo, mi squilla il telefono.
Dall'altra parte una tipa di una grossa agenzia di recruiting che mi sta proponendo un lavoro che...cioè...potrebbe davvero essere quello che sto cercando! Si cazzo! Mi mancava solo lei a descrivermelo, perchè quello...quello era davvero un lavoro fighissimo!!!
Lavoro in un'agenzia di fotografi e videomakers, di quelli che seguono le sfilate in giro per il mondo e sono pure una realtà internazionale! Ciooooèèèè, ma vi rendete conto?!?!
Mentre la tizia mi inondava di informazioni per gasarmi a mille, io ero già a stolkerare il loro sito e mi immaginavo taccata e con una pettinatura di tutto rispetto alla Amy Winehouse, sorridente e super professional dietro una scrivania nera lucida piena di foto patinate.
Avevano fretta. (dajjje. Col senno di poi, era la keyword che segnalava l'imminente inculata. Chi ha fretta è nella mmmerda. Chi è nella mmmerda spesso vuole me. Io finisco spesso in posti dimmerda. Non fa una piega.)
Maccccccerto! Quando mi vogliono vedere?!? Vado anche domani!
Metto giù il telefono e ho il cuore a mille.
Daaa--i cazzo, daaaa---iiii cazzo, dai che ce la si fa! Ebbrava Marta!

Non ricordo bene l'arrivo al posto, quello che so è che le aspettative erano moooolto alte.
Mica farina della mia mente malata, è stata la tipa a telefono che mi ha raccontato tutte quelle cose, infarcite poi con frasi tipo "...una grandissima opportunità" e bla bla. Io non avevo fatto niente. Mi ero solo fatta un viaggio sui miei futuri outfits.
Mi aprono il portone.
Entro in un cortile.
Vado sulla destra.
Uhm. Tentenno. Sarà la miopia, ma non vedo nè finestroni, nè un andirivieni di modelle anoressiche. 
Mi avvicino ad una porticina. C'è un foglio in A4 con sopra il nome dell'agenzia.

Nodo alla gola.

Maccheccazzz, ma Marta, ma piantiamola con questi preconcetti!
La creatività si può nascondere anche dietro a una porticin...a cazzo si va qui?!? Nei sotterranei?!?!?

Pausa.
A sinistra un'altra porta. Sento il buzz del citofono che me la apre. Respiro. Apro.

Stanza vuota e polverosa.
Passa un tizio che mi saluta ed esce.
MOOOLTOBENE.

Vado fino alla seconda poticina di legno che vedo in fondo alla prima stanza.
E' aperta. C'è qualcuno.
Epppperchecazzo nessuno mi viene incontro?!?!?!!?!?
Foooooorte me lo chiedo nella mia testolina ma, vabbè, Marta, cazzo vuoi fare? Star ferma come una babba in una stanza vuota?

Varco la soglia.

Maròòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòò!!!!
C'è un puttanaio micidiale!!!!!
Sei scrivanie (di merda, mica come quella laccata nera dei miei sogni) stavano sparpagliate a muzzo in questa lunga seconda stanza. Ogni scrivania era stracolma di carta, cartaccia e, per non formalizzarsi troppo, anche qualche residuo di cibo e roba non ben definita.
In fondo, sia da un lato che dall'altro, scatoloni ammassati sommariamente (e piuttosto precariamente) uno sull'altro, pezzi di macchinari impolverati, faldoni, carta, carta, carta e ancora taaanta carta. Forse dei ventilatori? Non ricordo. Oppure ho rimosso il rimuovibile.

In tutto ciò, nessuno mi aveva ancora cagata.

"Buongiorno!" dico con il sorriso tremolante..."...sono Marta".
Un ragazzo si alza (e grazie!), si presenta e mi dice che lui, e un'altro tizio saranno subito da me.
E vengo rimbalzata nella prima grande stanza con la richiesta di portarmi dietro una sedia, che di là, come vi avevo detto, non c'era una beata minchia.

Mentre attendo, sola,  nella stanza vuota, mi viene un pò da piangere.
Io che mi aspettavo un ambiente super dinamico e inquadrato ero finita in un cazzo di buco polveroso e caotico. Voglio una cazzo di spiegazione!

"...è che ci siamo trasferiti da poco. Non ti preoccupare, quando inizierai sarà tutto sistemato".

giovedì 20 giugno 2013

22_fashion retail fails/2: che zarà, zarà! (whatever will be, will be...)


Sarà stato l'anno scorso.
Ricordo benissimo il caldo pressante e il mio affanno nel trascinarmi dietro il trolley per la spesa da vera vecchia che non deve chiedere mai.
Ricordo anche che, proprio prima di uscire, o meglio, appena chiuso il portone alle mie spalle, mi viene in mente di non aver rimesso la penna dentro la borsa. Carta e penna in borsa sono due certezze che nella mia vita non devono mancare mai. Poco importa il fatto che oggi, volendo, ci si possa appuntare le cose anche sul cellulare o che, a conti fatti, l'urgenza di carta-e-penna sia capitata nella mia vita sì e no due volte a voler restar larghi.
Mandandomi a cagare per il solo fatto di aver sprecato un millesimo di secondo nella mia mente a pensare di risalire perrecuperare il tutto, riprendo la faticosa marcia verso l'esselunga.
A metà tragitto mi vibra una chiappa.
Orca! Mi stanno chiamandoooomacazzzooooo!!!!!
Parcheggio il carrellino bordo strada, prendo fiato, rispondo.
"Si, lei aveva mandato un curriculum alla nostra azienda, giusto?"
Mi vien da ridere. Molto probabile, direi. Mi manca solo da stalkerare il papa...
"Ehm, si, sisi!"
"Bene. Stiamo fissando dei colloqui di gruppo. Le va bene mercoledì prossimo?"
Merdaaaa! Non trovo l'agenda in una delle mie classiche borse da fricchettona gigantesche dove non trovi mai nulla quando serve: agenda al posto delle sigarette, fazzoletti al posto dell'agenda, burro cacao al posto dell'accendino e via dicendo...
In più ero sprovvista di piani d'appoggio, a un metro dalla circonvallazione e con altissime probabilità di essere scippata dato il mio rivoltare senza sosta la borsa tanendo roba sotto le ascelle, tra le gambe e vaffanculo, no, l'agenda non la trovo e si, va bene mercoledì.
"Bene. Ascolti, si segni indirizzo e ora che le do."
"Eeeh, veramente sarei in giro e momentaneamente sprovvista di CARTAEPENNA....non è che gentilmente potrebbe mandarmi una mail con tutte le informazioni???"
"No."
"Scusi?"
"No, noi non possiamo prendere mail da nessuno, tantomeno mandarle. Noi siamo qui solo per fissare colloqui."
Ah. Occhèi. Moltobene.
Ho passato tutta l'ora al supermercato a ripetermi ora, data e indirizzo come un mantra.
Finalmente a casa, posso scrivere nero su bianco il mio colloquio.

Seh. MIO.
Saremo state si e no una settantina.
Compattati in una sala riunioni, la recruter di turno ci accoglie briosa e pronta a spiegarci l'azienda.
Daicazzzzzzo, tutti noi sappiamo già tutto, siete spagnoli, avete diversi marchi blablabla...ma il lavoro ce l'avete o no?!?!?!
Questo pensavo mentre la guardavo con un sorrisetto da babbazza e annuivo ad ogni cosa che diceva.
Devo seriamente smettere di farlo.
Sta roba del falso entusiasmo. Soprattutto in momenti come quello in cui era del tutto fuori luogo. Chi mi cagava? Eravamo in 70!!!
Poi, ci fa arrivare tra le mani un foglio che dovevamo compilare in base alle nostre disponibilità di tempi, luoghi eccccerto, pure "preferenze". Che si può fare la choosy, no?!?!?
L'impeto è quello di barrare tutto, fare magari un'immensa X su tutto il foglio e via che va bene.
Poi mi trattengo. Poco seria. Troppo disperata.
Let's be choosy.
Tolgo i negozi logisticamente irraggiungibili nell'eventualità di essere lì alle 5 di mattina e, oltre al full time, mi lascio degli ampi margini di part time.
Oh, con 'sto foglio, chi mi rimbalza più!
In fila, come diligenti scolaretti, l'orda dei candidati ridà uno ad uno il foglio compilato nelle mani della tizia.
Momenti strazianti, quando i tuoi occchi e i suoi si incontrano e tu le gridi -sempre con lo sguardo- "cagami, cagami, cagami, tipregocagami". E bom. C'è già quella dietro di te che fa la stessa cosa.

Nel caso la candidatura fosse stata compatibile con le esigenze aziendali si sarebbe poi state richiamate per un secondo colloquio di gruppo, quattro-cinque persone, una cosa un pò più intima insomma, per poi decidere chi, tra il gruppetto, si sarebbe conquistata la palma d'oro del piegaggio artistico di T-shirt alla moda.
Bah.

Ero sicura che, con tutta la disponibilità che avevo dato su quel cazzo di foglio, sarei ameno stata richiamata per il secondo step.
Ovviamente no.
Mi arriva una mail, una settimana dopo, che mi dice che, purtroppo, la mia disponibilità non era in alcun modo compatibile con le esigenze aziendali del momento.

Strano.

domenica 9 giugno 2013

21_fashion retail fails/1: quando il diavolo non veste Prada gira in infradito con l'addominale scolpito al vento

Si. Avete capito bene.
Perchè, avete capito, no?!
Si, davvero.
Anche lì, aaaanche lì sono finita.
Se mi vergogno?
Eeeeh, si. Oggi un pochino si. Poi capirete perchè.

Ai tempi, il grande marchio americano aveva appena iniziato a impregnare di profumo ogni essere vivente (e non) che si trovasse suo malgrado a passare dal centro, e io, guarda caso, cercavo disperatamente colloqui e faticavo a trovarne.
Nessun tentennamento all'invio del cv quando mi sono trovata un'offerta per un programma che avrebbe "plasmato" i futuri store managersssss del domani.
Da buona candidata a secco di esperienze personali di shopping, decido di fare un salto per carpire tutte le informazioni possibili a riguardo e chessò, magari comprarmi una magliettina basic da indossare al colloquio. Perchè si, ero stata convocata.
Dopo un quarto d'ora abbondante di -ingiustificata- coda insieme a mille ragazzine (sembrava di essere in una gita delle medie in fila per i musei vaticani...) vengo risucchiata in negozio sgusciando tra gli addominali di due mascellon-piaccioni americani che mi salutano in ameriganz. YO.
Passati quei 2-3 minuti di buio totale, i miei occhi si adattano e ricominciano a vedere. Dove "vedere" è un parolone. C'è un buio pesto e le litrate di profumo che vengono sprigionate da nonsochecazzodicoso certo non rendono più lucida la mia vista e più facile la mia impresa.
Ai mascellon-piaccioni si alternano in negozio esili ragazze dai lunghi capelli lucenti e il viso d'angelo, rigorosamente in shorts e infradito.
Per poco non mi viene un infarto quando leggo il prezzo della maglia bianca, scollo a V e maniche corte (una cazzo di maglietta bianca, si!) che avevo deciso di provare. Giusto per avere qualcosa loro da mettermi. Dai cazzo Marta, già madre natura non ti aiuta col punteggio, punta sul brand. Prendi 'sta cazzo di maglia e non rompere i coglioni.
E da perfetta cretina, con la speranza di un possibile punto in più al colloquio, mi son fatta fottere.

Arriva il giorno e mi ritrovo in mezzo a una cinquantina di ragazzi e ragazze (molto fighi. troppo).
C'è gran fermento perchè, da classica strategia aziendale, come scoprirò di lì a poco, nessuno sa cosa aspettarsi e quindi la tensione sale. E, insieme a lei, il mio senso di inadeguatezza alla situazione del tipo maccheccazzo sono qui a fare.
Dopo essere stati perquisiti (!!!!) entriamo uno a uno e ci accoglie Steve, un belloccio americano nonchè general manager delle risorse umane.
Quello che segue è tutto in inglese. Heeeei, what did you expect?!?
Steve ci parla dell'azenda, delle strategie di marketing (ad esempio nessuna pubblicità ma solo foto con ragazzi e ragazze che fanno parte dell'azienda e NON sono modelli professionisti...e nella mia mente parte il primo, sonoro, WTF?!?!) e della visione generale del brand.
Volano a profusione le key words "easy", "sexy", "young", "cool", seguite dai must have (o meglio dai divieti) del personale aziendale: niente vestiti neri, niente smalti, niente trucco forte, niente barba (o alcun segno di virilità che non sia la tartaruga ben in mostra) per i ragazzi, capelli scioti e possibilmente lunghi (gggghhhh) per le ragazze e NIENTE piercing di alcun tipo (oooocccaaazzzz!).
Penso di aver passato tutto il tempo con l'indice appoggiato alla mia narice destra dove ho un brillantino.
Preferirà di certo pensare che mi stia scaccolando piuttosto che scoprire del buco al naso, ho genialmente pensato.
Poi domande uno ad uno, descriversi, dire le proprie aspirazioni e il perchè del voler lavorare proprio lì. Sarebbe stato già difficile mentire nella mia lingua madre...immaginatevi in quel momento.
#beimomenti#
Il tutto culmina con una polaroid. Si, una minchia di foto, uno ad uno.
Perchè l'azienda vuol così.
Dopo il colloquio, che, ovviamente, ha avuto il classico epilogo del rimbalzo-da-silenzio, e le varie ricerche in internet, ho tirato un sospiro di sollievo nell'essere stata ignorata.
E qui veniamo al perchè, oggi, un pò mi vergogni di esserci andata a quel colloquio.

Per chi non lo sapesse, la catena in questione, poooco attenta all'esteriorità, recluta direttamente quasi tutte le sue commesse e i suoi commessi (o soprammobili, quale che sia la loro mansione a contratto firmato...) pescando dalla fauna teen che si aggira nei propri stores.
Ed è proprio del mese scorso questa imbarazzante affermazione del supercapocchia dell'azienda che non si vergogna ad affermare:
"In ogni scuola ci sono i ragazzi fighi e popolari e poi ci sono quelli non così cool. Noi ci occupiamo dei ragazzi fighi, quei ragazzi che hanno un certo tipo di atteggiamento e con un sacco di amici. Molte persone non entrano nei nostri vestiti. Questa non è discriminazione."

Questa non è discriminazione.
Questa è follia.

lunedì 3 giugno 2013

20_rimbalzi degni di NOTA/2: forse è il caso che me ne faccia una ragione

Si. Sono recidiva.
Non m'è bastato il rimbalzo della cricca Scanu (11_anche le Major me le suonano), io voglio essere rimbalzata da TUTTE le Major, tutte, cazzo!

Questa volta però, nessun annuncio su Monster, si parla dell'anno scorso, i lavori su internet (e anche nella vita reale) non si trovano più, e ciò che resta all'umanità disoccuprecaria è il tanto odiato "PASSAPAROLA".
Tutti trovano lavori fighi (o decisamente meno fighi) grazie a qualcuno che glielo fa gentilmente sapere.
Si vede che ho amici nei posti sbagliati.
O che vi piace così tanto il blog che non vorreste mai rischiare di perdermi. Questa trova un lavoro figo e chi la sente più. Qui c'è gente che ha bisogno di ridere delle sfighe altrui, micacazzi.
Vi capisco.

Comunque si, il colloquio nella casa discografica figa, m'è arrivato da un'amica di un amico di un'amica-collega durante il mio ultimo stage.
I passaggi sono intricati e difficili da descrivere, ma quello che vi interessa sapere è che un giorno mi arriva tra le mani (o meglio, tra le mail) il numero e l'indirizzo mail di una tizia che sta cercando un'assistente.

Le scrivo, super intesita e serissima, as usual.
Mi risponde:
Piacere Marta.
Intanto diamoci del tu, poi dimmi quando saresti libera per una chiacchierata.

Lacrime agli occhi.
Messa subito a tuo agio, il "TU", yeah, io ero già in una presabbenaggine indescrivibile.

Arriva il giorno della "chiacchierata",  arriva l'ora X e io attendo l'ok per essere compattata in un miniascensore e spedita al piano del colloquio.
La tizia mi accoglie con un grosso sorriso e una vigorosa stretta di mano.
Era tutto vero. Dopo mille e mille primi sorrisi e strette di mano, senti quando sono stereotipati o sono reali. Il suo lo era. Stavo per rimettermi a piangere...!
Ci intrufoliamo tra gli stretti corridoi del palazzo d'epoca e, da ogni porta aperta, intravedo scrivanie stracolme di cd e poster colorati alle pareti ma soprattutto tanta gente giovane che mi sorride e saluta come se ci conoscessimo da anni.

Inutile dirvi che la posizione era favolosa. fa-vo-lo-sa!
A lei serviva una ragazza che la aiutasse nell'organizzazione di tour promozionali, nella gestione dell'ufficio, dell'ufficio stampa, contatti con artisti stranieri e poi nelle PR che ci avrebbero portato a gironzolare tra gli studi delle maggiori radio italiane...insomma, un lavoro del cazzo. Ehssssì.

Mentre la fissavo annuendo con una faccia da bambina beota a cui si promette una vita fatta di giochi e dolci dalla mattina alla sera, in fondo al mio cervello stavo già smadonnando: possibile che, come mi dico sempre -e dico a tutti-, questi lavori incredibili esistano ma non ci sia alcun modo di reperirli?!?! Perchèèè? Perchèèè?!?!! Perchèèèèè?!?!
Perchè mi devo sentire in colpa e piuttosto cogliona, quando alla domanda: "che cosa vorresti fare?", sembro brancolare nel buio agli occhi del mio interlocutore, ma non perchè sono davvero indecisa tra fare la rock star o fare la cassiera all'esselunga, ma perchè so che lì in mezzo, proprio lì, c'è un mondo di lavori che sono inaccessibili agli occhi dei disoccuprecari d'oggi e vengono monopolizzati da cazzute conoscenze e chissà che cazz'altro.
Mi sono spiegata? Ecco.

Ma veniamo al classico epilogo:







Allora.
Se non trovi il mio cellulare vuol dire che hai già cestinato il mio civvì, perchè lì c'era.
E chi sarebbe poi questa persona?!? Eh? Eh?!? Eh??!?!?!!?
Di certo non io. Ancora.

Mestizia.


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