L'altro giorno scorrevo velocemente i soliti annunci assurdi che mi arrivano tramite newsletter (per farvi capire, se hai inserito tra le tue ricerche la parola "redattore" o "editoria", in quelle due sezioni l'unica cosa che troverai saranno annunci di AGENTI. Delle dieci posizioni da "segretaria", 4 saranno in realtà recupero crediti o telemarketing, tre categorie protette, due richiederanno decennale esperienza e l'ultimo sarà un annuncio fasullo).
Dicevo, scorri che ti scorri, mi cade l'occhio su questo annuncio, a cui avevo non solo risposto, ma anche fatto due colloqui e poi, nel classico climax ascendente di sfiga, ero stata inesorabilmente rimbalzata.
E mmò, ovvio che ve lo racconto.
Per la cronaca questo è stato l'ultimo colloquio per cui sono stata contattata.
Mi chiamano, mi esalto, prendo appuntamento e segno l'indirizzo.
Era sotto Natale, ricordo che stavo lavorando per il periodo natalizio, per l'appunto, e che, proprio per quello, ho dovuto fissare il colloquio nel primo orario disponibile, le 9.
Il giorno del colloquio alle 9 meno un pò, son lì.
Nessun cenno di vita.
Passano 5 minuti, suono il campanello, ma nessuno si palesa.
Poi dalla strada arriva una tipa, le sorrido, lei mi ignora con grande classe.
Suona e, a lei (ma com'è possibile?!!?), vengono ad aprire.
Un'altro elemento dalla faccia simpatica mi guarda in cagnesco, sta per chiudermi di nuovo fuori quando le dico che ho un -cazzo- di appuntamento efffammientrare madonna!
Mi fa entrare, come se mi stesse facendo un piacere, come se fosse casa sua. Bah.
Ma l'apice è questo, perchè, appena entrata, per presentarmi, le allungo la mano e lei....NON FA LO STESSO!!! No, ma vi rendete conto?!?!?!
Sbigottita mi affloscio sul poltroncino di finta pelle rosso e penso che, se quello è lo standard delle persone che lavorano lì dentro, posso anche andarmene e guadagnarci.
Arriva la selezionatrice, finalmente un sorriso, penso.
Lei è carina, mi chiede come mai, visto "il mio civvì" mi interessa una posizione così.
Quello che vorresti rispondere è: "Ma mi prendi per il culo?????????"
Quello che rispondi è che lavorare in una scuola non sarebbe per niente male (e questo, lo pensi per davvero), poi è una scuola di design, tu hai fatto anche un corso di graphic design, yeah, relazionarti con studenti internazionali...yeah....inzomma, YEAH. O no?!?
Dai, non è andata male.
Ora mi devo solo smazzare un lunghissimo test d'inglese che manco il TOEFL (ragazzi, è durato UN'ORA!) e aspettare.
Mi richiama un paio di giorni dopo, io sono stra felice, vado alla scuola per il secondo colloquio.
La scuola, in posto veramente inculato, è davvero figa!
Entro e, guarda caso, nessuno mi caga.
Tutto nella norma, penso, avvicinandomi a dei divani iperavvenieristici sopra i quali ci sono appollaiate 3 studentesse che se la slangano in inglese in attesa di fare il colloquio per l'ammissione.
Anche loro, ovvimente, non mi cagano, ma vabbè.
Poi, forse attratto dal fatto che fossi l'unica senza un tacco 12, capelli lucenti e sorrisi smaglianti, mi si avvicina un tizio e mi chiede perchè fossi lì.
Per la serie, sentirsi sempre nel posto giusto. Ma vabbè.
Dopo una classica attesa interminabile dove non sai più dove guardare e in che posizione metterti, finalmente, mi scortano all'ufficio del colloquio.
La tipa sembra già stanca della mia presenza ancor prima che io possa aprir bocca.
Anche lei mi chiede perchè volessi lavorare lì, e noto che cerca di smontarmi la posizione che a me, sottolineo, non sarebbe spiaciuta per nulla!
Quendo le dico che ho anche fatto un corso di grafica, lei mi sottolinea che lì non avrei fatto niente di grafica, quando allora le dico che mi sarebbe comunque piaciuto relazionarmi con giovani da tutto il mondo, mi controbatte che io non avrei mai dovuto legare con loro ma sarei dovuta essere iperprofessionale....cioè! Vi giuro che è ancora più difficile reggere un colloquio quando è proprio la tipa a cercare di smontarti.
Esco col morale a terra e straconfusa.
Ma com'è possibile che non le sia piaciuta? Sono una ragazza sveglia, le ho fatto capire che mi sarei adattata benissimo e che anzi, mi sarebbe davvero piaciuto provarci.
E' che mi sembrava un PELINO prevenuta.
Passa qualche giorno e mi avvisano del rimbalzo: troppa poca esperienza come segretaria didattica.
MA COME?!?!? Ma se al colloquio mi hanno fatto capire che mi sarei dovuta "accontentare" di fare mansioni più pratiche rispetto ai miei studi?!!?
Qui le cose non tornano.
Come sempre, tra l'altro.
Ma il mio cuore è già in pace.
Anche 'sta volta non vai bene. Ma la colpa è tua, eh!
Questo quello che ti fanno credere.
Poi, l'altro giorno, mi rimbatto nell'annuncio.
Solo che, questa volta, è spuntata una parentesi che tre mesi fa non c'era:
lunedì 29 aprile 2013
lunedì 15 aprile 2013
15_dell'essere precaria: lo shopping
...ma chi prendiamo in giro?!? Ma quale shopping?!?!?
Sono reduce dalla classica domenica "a-pranzo-a-casa-dei-suoi", una bella mangiata dopo una settimana di schiscia per pranzo e cene da teenagerZ (non sono una gran cucoca, ve lo avevo mai detto?), poi, un bel giro in bici tra gli umidi campi di risaie della lomellina (mesta terra natìa) culminato da un mappazzone di gelato.
Giusto per rientrare più velocemente in modalità "teen".
Dai pranzi "a-casa-dei-suoi" ne derivano sempre delle chicche e delle conseguenti profonde riflessioni, che ormai voglio condividere con voi.
Come ogni settimana, sua madre mi guarda e mi chiede con occhi brillanti e speranzosi: "allora Marta, hai fatto shopping?!?".
Io, con uno sforzo di volontà sovraumana, mi tolgo la faccia da "macchecccazzz" e, sorridendole, cerco di sottolineare, in modo mooolto sottile e garbato che, essendo un pò nella mmmerda, forse lo shopping settimanale lo postpongo ancora per un pò.
In realtà lo shopping settimanale lo postpongo da che io me lo ricordi.
Essì perchè, essendo in modalità "precaria" da una vita, il top dello shopping era per me il banchetto del mercato di Vigevano che mi vendeva i jeans a 10 euri e le maglie a 5.
Aaaaaah, bei ricordi.
Questo anche per sottolineare come, lo stile della precaria è soggetto più alle sue (non)possibilità economiche che al suo gusto personale. Id est: non mi piace ciò che mi piace, ma mi piace quello che posso comprarmi.
Sarà per questo che ho un guardaroba da sedicenne?
Eh. Cazzo, si.
Che poi, una sedicenne dei miei tempi eh, una di oggi mi ghettizzerebbe tempozero tra le nerd che non sono per niente INNN.
Ecco.
Comunque, cazzate a parte, non ho mai subito alcun senso di inferiorità causa restrizioni di shopping, il buon dio mi ha dotata di un senso di totale indifferenza per i capi trendy e firmati e non vi è mai stata nella mia mente alcuna bramosìa di bauletti color cacchetta o trampoli tempestati di swarosky di Jimmy Choo (che all'inizio avevo scambiato per "Dimmi Giù", epico personaggio vigevanese che, ovviamente voi non conoscerete, ma meritava di essere citato).
Comunque devo dire che nella sfiga (di essere precaria, o disoccuprecaraia, a seconda dei momenti) ho avuto un gran culo di non finire in ambienti in cui il mio lack of style non sia diventato un problema.
O forse lo è diventato proprio perchè ho continuato a finire in posti dove sarei potuta presentarmi anche in pigiama e non avrebbe fatto alcuna differenza.
Ho passato più di due anni (il mio progggggetto più lungo) in un ufficio dove sono stata per il 90% sola a meditare su come farla finita (di essere lì sola, che avete capito?!), dopo essere stata lasciata a casa mi sono iscritta al corso annuale di grafica (back to high school again!) dove sfoggiavo un giorno una felpa con cappuccio e un giorno una felpa senza cappuccio, e poi i lavori in negozio, dove ho sempre avuto la mia bella divisa a sollevarmi dal problema di che cazzo mettermi.
Eqqquindi, facendo qualche rapido calcolooooo...si, diciamo che non compro qualcosa di "serio" da millenni, matrimoni degli amici a parte, che lì non c'è mercato che tenga.
Che poi, lo shopping, arrivate al punto di non ritorno dove sono arrivata io, incomincia a generarmi qualche ansia.
Non mi piace una mazza.
C'è stato un gap generazionale di cui non mi sono accorta e adesso sono fottuta. Fottuta.
Mi mancano le basi e credo di essere spacciata.
Pocomale. Per fortuna in negozio ho la mia adortata divisina-sacco-di juta.
E la juta, mai come in questo caso, t'aiuta.
Sono reduce dalla classica domenica "a-pranzo-a-casa-dei-suoi", una bella mangiata dopo una settimana di schiscia per pranzo e cene da teenagerZ (non sono una gran cucoca, ve lo avevo mai detto?), poi, un bel giro in bici tra gli umidi campi di risaie della lomellina (mesta terra natìa) culminato da un mappazzone di gelato.
Giusto per rientrare più velocemente in modalità "teen".
Dai pranzi "a-casa-dei-suoi" ne derivano sempre delle chicche e delle conseguenti profonde riflessioni, che ormai voglio condividere con voi.
Come ogni settimana, sua madre mi guarda e mi chiede con occhi brillanti e speranzosi: "allora Marta, hai fatto shopping?!?".
Io, con uno sforzo di volontà sovraumana, mi tolgo la faccia da "macchecccazzz" e, sorridendole, cerco di sottolineare, in modo mooolto sottile e garbato che, essendo un pò nella mmmerda, forse lo shopping settimanale lo postpongo ancora per un pò.
In realtà lo shopping settimanale lo postpongo da che io me lo ricordi.
Essì perchè, essendo in modalità "precaria" da una vita, il top dello shopping era per me il banchetto del mercato di Vigevano che mi vendeva i jeans a 10 euri e le maglie a 5.
Aaaaaah, bei ricordi.
Questo anche per sottolineare come, lo stile della precaria è soggetto più alle sue (non)possibilità economiche che al suo gusto personale. Id est: non mi piace ciò che mi piace, ma mi piace quello che posso comprarmi.
Sarà per questo che ho un guardaroba da sedicenne?
Eh. Cazzo, si.
Che poi, una sedicenne dei miei tempi eh, una di oggi mi ghettizzerebbe tempozero tra le nerd che non sono per niente INNN.
Ecco.
Comunque, cazzate a parte, non ho mai subito alcun senso di inferiorità causa restrizioni di shopping, il buon dio mi ha dotata di un senso di totale indifferenza per i capi trendy e firmati e non vi è mai stata nella mia mente alcuna bramosìa di bauletti color cacchetta o trampoli tempestati di swarosky di Jimmy Choo (che all'inizio avevo scambiato per "Dimmi Giù", epico personaggio vigevanese che, ovviamente voi non conoscerete, ma meritava di essere citato).
Comunque devo dire che nella sfiga (di essere precaria, o disoccuprecaraia, a seconda dei momenti) ho avuto un gran culo di non finire in ambienti in cui il mio lack of style non sia diventato un problema.
O forse lo è diventato proprio perchè ho continuato a finire in posti dove sarei potuta presentarmi anche in pigiama e non avrebbe fatto alcuna differenza.
Ho passato più di due anni (il mio progggggetto più lungo) in un ufficio dove sono stata per il 90% sola a meditare su come farla finita (di essere lì sola, che avete capito?!), dopo essere stata lasciata a casa mi sono iscritta al corso annuale di grafica (back to high school again!) dove sfoggiavo un giorno una felpa con cappuccio e un giorno una felpa senza cappuccio, e poi i lavori in negozio, dove ho sempre avuto la mia bella divisa a sollevarmi dal problema di che cazzo mettermi.
Eqqquindi, facendo qualche rapido calcolooooo...si, diciamo che non compro qualcosa di "serio" da millenni, matrimoni degli amici a parte, che lì non c'è mercato che tenga.
Che poi, lo shopping, arrivate al punto di non ritorno dove sono arrivata io, incomincia a generarmi qualche ansia.
Non mi piace una mazza.
C'è stato un gap generazionale di cui non mi sono accorta e adesso sono fottuta. Fottuta.
Mi mancano le basi e credo di essere spacciata.
Pocomale. Per fortuna in negozio ho la mia adortata divisina-sacco-di juta.
E la juta, mai come in questo caso, t'aiuta.
lunedì 8 aprile 2013
14_il cliente ha sempre ragione
Dopo il post strabordante di positività, puntualissima, una giornata lavorativa che definire DIMMERDA sarebbe davvero un esagerato eufemismo.
Che il nostro negozio fosse un animato puntello di ritrovo di elementi degni di nota, l'avevo capito fin dall'inizio: ricche anziane impellicciate accompagnate dalla servitù filippina, donne e donnone con ogni tipo di minicane (barboncini e chiwawa impazzano, anche perchè, se supera i 3 chili e non sta in braccio o nella borsa...a cosa serve un cane?!?), clienti fisse che sembrano dover timbrare il cartellino, labbra e zigomi gonfiati all'esasperazione accompagnate da uomini-carta-di credito, nonne rincoglionite domate da nipoti decenni crudeli e saputelle, mariti fuori posto (solitamente appiccicati all'angolo vicino all'uscita, impauriti e pronti alla fuga), mariti che "io aspetto fuori", e...altri elementi come quelli dello scorso giorno, che ora vi racconto.
L'inizio della fine è stato lui.
Si, cazzo, un uomo, ci potete credere?!?!
Entra.
Per inquadrarvelo e darvi un idea del tipo, tutto tirato, serioso, uhm...prendete Bruno Barbieri di Masterchef, e godetevi la storiella piazzando all'elemento la sua faccia. Ecco.
Dicevo, entra e fa una spesa di una settantina di euri. Figata, direte voi. Essì, l'ho detto anche io.
Ad un certo punto gli propongo un ulteriore prodotto con la possibilità di fargli uno sconto del 50%.
Lui mi allunga la terza maschera viso.
La suddetta maschera era già scontata al 45%, e io, battendo il millesimo prodotto, non glielo faccio notare...se ne sarà accorto comunque, no? Se voleva quella cazzo di maschera, avrà preso quella cazzo di maschera punto e basta, no?!?
Una strisciata di american express e via, è fuori dal negozio.
3...
...2...
...1...
...eeeee...show time!
Il tizio con una faccia incazzatissima rientra, spingendo la porta con una sola vigorosa bracciata.
Io mi sto già cagando addosso.
Guardo la mia responsabile con la faccia che dice: occccatroia-ma-cos'avrò-mai-fatto-io?!!?!?!?!?
In tutto questo c'eravamo già perse qualche insulto (si!), il tizio si diceva "preso in giro" perchè non gli era stato fatto un vero sconto, "una cosa veeeergognosa", "ma è posssibile?", "ma non vi vergognate?" ,"ma cose da pazzi, ma io sono schifato da questo comportamento"....
Io avevo gli occhi che mi uscivano dalle orbite.
Forse non avevo fatto caso, anche lui aveva un cane-microbo, e forse gliel'avevo inavvertitamente schiacciato e ucciso?????
No, no. Stava proprio parlando della sua terza maschera viso pagata nove e novantanove.
Phèèèèèèèga!
Io con la tachicardia e una faccia tra l'allibito e il mortificato mi prendo la colpa per non avergli sottolineato che lo sconto era sul prezzo di listino e non averglielo fatto notare, se lo poteva sollevare mi avrebbe anche potuto dare una frustata, non so, che altro potevo fare?
Lui la maschera al prezzo del negozio proprio non la voleva.
(Ricordo per chi se lo fosse già dimenticato, che il tizio aveva fatto una spesa da SETTANTA euri. Nove euri gli avrebbero fatto la differenza. Quando uno è tirato, c'ha ragione...)
Ok. No problem.
Rifacciamo tutto togliendo la maschera.
Il tizio raggiunge il culmine della follia, ora, oltre a blaterare frasi senza senso, si agita sempre di più e proprio, cazzo, non ci sta, è un'indecenza, dice, io me ne voglio andare da 'sto posto, ridatemi i noveenovantanove...ok.
Ridati, ora però aspetti che dobbiamo per forza rifare lo scon....
Andato.
La povera ragazza che lavora con me ha anche tentato di inseguirlo fuori dal negozio urlandogli che era assolutamente indispensabile per noi rifare lo scontrino ma....niente.
Non vi dico il casino che abbiamo dovuto fare poi per spiegare e cercare di giustificare il tutto in sede...
Diffidate gente da uomini (??) che comprano maschere e creme viso al retinolo.
Vabbè, da questo episodio mi è andato in pappa il cervello e ho passato un giornata d'inferno nella quale sono anche riuscita a chiudermi -da sola- un dito in un cassetto, col timore di essermi anche falciata una falange.
Il dito, ammaccato, è ancora lì, per la cronaca.
Ma la giornata era ancora lunga.
Ci mancava LEI.
Di lei avevo sentito storie di ogni genere, era come un personaggio mitologico nella mia testa. Tutte ci avevano litigato, e, in barba ad ogni più alta aspettativa, lei, di togliersi dal cazzo, proprio non ne vuole sapere.
La tizia in questione, soprannominata Ive Roche, è la classica milanese R&R&R (ricca, rifatta e rompicoglioni), ma proprio della peggior specie, che ti tratta da schiava perchè è davvero convinta che tu lo sia. Una schiava ai suoi servigi.
Entra lei, mi giro e sono sola. Ahahhahahhhah tutti cercano di evitarla!
E affrontiamo anche 'sto mostro, che tanto oggi...
La tizia tende sempre a sottolineare che lei viene a comprare da noi per la sua servitù, che lei, proprio...ahahhaahh (ma che cazzo ti ridi?!?!).
Si si, viene pure per le schiave, ma intanto mi fa le pezze perchè non c'è il profumo scontato.
Che poi, arriva, vero?
Eh, signora, noi l'abbiamo ordinato, poi non si può mai sapere....
Ma lei me lo tiene, vero?
Eh, signora, in realtà, non è che possiamo tenere da parte...ma comunque ne abbiamo ordinati molti...
Ma allora arriva, vero? Me lo tiene?
Bom, no, non c'è speranza.
Poi mi allunga una cartolina con la quale esige di avere il suo regalo, perchè è stato il suo compleanno.
Le allungo il profumino in regalo.
Mi ride in faccia e mi dice se era un regalo, quello.
O_o
Perchè, "è indecente, ma mi dia la mail dell'azienda che io scrivo un reclamo, che è vergognoso questo!"..."da Ive Roche, mi hanno fatto un sacco di regali! Ma robe da matti!"..."voi non ne sapete niente di marketing....appena torno da Nizza, vedrete!...".
Vi giuro, e non sto scherzando, che la tizia mi si ripropone anche nel pomeriggio.
Come una peperonata indigesta.
"Ahahahahahh, sono ancora quiiii....me lo da questo?"
...
Signora. Quel prodotto non è della nostra catena. Vede?
"Ma stiamo scherzando?!?! Ma io arrivo da Milano Due, lei sa dov'è Milano Due?!? Comunque non ci siamo proprio, ora scriverò all'azienda perchè veramente qui stiamo dando i numeri!!!"
Se ne esce gridando: "Ahhh, povera Italia!"
E io penso: Ahhhh, povera Italia.
Che il nostro negozio fosse un animato puntello di ritrovo di elementi degni di nota, l'avevo capito fin dall'inizio: ricche anziane impellicciate accompagnate dalla servitù filippina, donne e donnone con ogni tipo di minicane (barboncini e chiwawa impazzano, anche perchè, se supera i 3 chili e non sta in braccio o nella borsa...a cosa serve un cane?!?), clienti fisse che sembrano dover timbrare il cartellino, labbra e zigomi gonfiati all'esasperazione accompagnate da uomini-carta-di credito, nonne rincoglionite domate da nipoti decenni crudeli e saputelle, mariti fuori posto (solitamente appiccicati all'angolo vicino all'uscita, impauriti e pronti alla fuga), mariti che "io aspetto fuori", e...altri elementi come quelli dello scorso giorno, che ora vi racconto.
L'inizio della fine è stato lui.
Si, cazzo, un uomo, ci potete credere?!?!
Entra.
Per inquadrarvelo e darvi un idea del tipo, tutto tirato, serioso, uhm...prendete Bruno Barbieri di Masterchef, e godetevi la storiella piazzando all'elemento la sua faccia. Ecco.
Dicevo, entra e fa una spesa di una settantina di euri. Figata, direte voi. Essì, l'ho detto anche io.
Ad un certo punto gli propongo un ulteriore prodotto con la possibilità di fargli uno sconto del 50%.
Lui mi allunga la terza maschera viso.
La suddetta maschera era già scontata al 45%, e io, battendo il millesimo prodotto, non glielo faccio notare...se ne sarà accorto comunque, no? Se voleva quella cazzo di maschera, avrà preso quella cazzo di maschera punto e basta, no?!?
Una strisciata di american express e via, è fuori dal negozio.
3...
...2...
...1...
...eeeee...show time!
Il tizio con una faccia incazzatissima rientra, spingendo la porta con una sola vigorosa bracciata.
Io mi sto già cagando addosso.
Guardo la mia responsabile con la faccia che dice: occccatroia-ma-cos'avrò-mai-fatto-io?!!?!?!?!?
In tutto questo c'eravamo già perse qualche insulto (si!), il tizio si diceva "preso in giro" perchè non gli era stato fatto un vero sconto, "una cosa veeeergognosa", "ma è posssibile?", "ma non vi vergognate?" ,"ma cose da pazzi, ma io sono schifato da questo comportamento"....
Io avevo gli occhi che mi uscivano dalle orbite.
Forse non avevo fatto caso, anche lui aveva un cane-microbo, e forse gliel'avevo inavvertitamente schiacciato e ucciso?????
No, no. Stava proprio parlando della sua terza maschera viso pagata nove e novantanove.
Phèèèèèèèga!
Io con la tachicardia e una faccia tra l'allibito e il mortificato mi prendo la colpa per non avergli sottolineato che lo sconto era sul prezzo di listino e non averglielo fatto notare, se lo poteva sollevare mi avrebbe anche potuto dare una frustata, non so, che altro potevo fare?
Lui la maschera al prezzo del negozio proprio non la voleva.
(Ricordo per chi se lo fosse già dimenticato, che il tizio aveva fatto una spesa da SETTANTA euri. Nove euri gli avrebbero fatto la differenza. Quando uno è tirato, c'ha ragione...)
Ok. No problem.
Rifacciamo tutto togliendo la maschera.
Il tizio raggiunge il culmine della follia, ora, oltre a blaterare frasi senza senso, si agita sempre di più e proprio, cazzo, non ci sta, è un'indecenza, dice, io me ne voglio andare da 'sto posto, ridatemi i noveenovantanove...ok.
Ridati, ora però aspetti che dobbiamo per forza rifare lo scon....
Andato.
La povera ragazza che lavora con me ha anche tentato di inseguirlo fuori dal negozio urlandogli che era assolutamente indispensabile per noi rifare lo scontrino ma....niente.
Non vi dico il casino che abbiamo dovuto fare poi per spiegare e cercare di giustificare il tutto in sede...
Diffidate gente da uomini (??) che comprano maschere e creme viso al retinolo.
Vabbè, da questo episodio mi è andato in pappa il cervello e ho passato un giornata d'inferno nella quale sono anche riuscita a chiudermi -da sola- un dito in un cassetto, col timore di essermi anche falciata una falange.
Il dito, ammaccato, è ancora lì, per la cronaca.
Ma la giornata era ancora lunga.
Ci mancava LEI.
Di lei avevo sentito storie di ogni genere, era come un personaggio mitologico nella mia testa. Tutte ci avevano litigato, e, in barba ad ogni più alta aspettativa, lei, di togliersi dal cazzo, proprio non ne vuole sapere.
La tizia in questione, soprannominata Ive Roche, è la classica milanese R&R&R (ricca, rifatta e rompicoglioni), ma proprio della peggior specie, che ti tratta da schiava perchè è davvero convinta che tu lo sia. Una schiava ai suoi servigi.
Entra lei, mi giro e sono sola. Ahahhahahhhah tutti cercano di evitarla!
E affrontiamo anche 'sto mostro, che tanto oggi...
La tizia tende sempre a sottolineare che lei viene a comprare da noi per la sua servitù, che lei, proprio...ahahhaahh (ma che cazzo ti ridi?!?!).
Si si, viene pure per le schiave, ma intanto mi fa le pezze perchè non c'è il profumo scontato.
Che poi, arriva, vero?
Eh, signora, noi l'abbiamo ordinato, poi non si può mai sapere....
Ma lei me lo tiene, vero?
Eh, signora, in realtà, non è che possiamo tenere da parte...ma comunque ne abbiamo ordinati molti...
Ma allora arriva, vero? Me lo tiene?
Bom, no, non c'è speranza.
Poi mi allunga una cartolina con la quale esige di avere il suo regalo, perchè è stato il suo compleanno.
Le allungo il profumino in regalo.
Mi ride in faccia e mi dice se era un regalo, quello.
O_o
Perchè, "è indecente, ma mi dia la mail dell'azienda che io scrivo un reclamo, che è vergognoso questo!"..."da Ive Roche, mi hanno fatto un sacco di regali! Ma robe da matti!"..."voi non ne sapete niente di marketing....appena torno da Nizza, vedrete!...".
Vi giuro, e non sto scherzando, che la tizia mi si ripropone anche nel pomeriggio.
Come una peperonata indigesta.
"Ahahahahahh, sono ancora quiiii....me lo da questo?"
...
Signora. Quel prodotto non è della nostra catena. Vede?
"Ma stiamo scherzando?!?! Ma io arrivo da Milano Due, lei sa dov'è Milano Due?!? Comunque non ci siamo proprio, ora scriverò all'azienda perchè veramente qui stiamo dando i numeri!!!"
Se ne esce gridando: "Ahhh, povera Italia!"
E io penso: Ahhhh, povera Italia.
mercoledì 3 aprile 2013
13_ecce precaria
Carissimi,
mi sembra doveroso aggiornarvi sul mio cambio di status lavorativo.
Ebbene si, per chi si fosse perso il post 09_parentesi notturna, sono passata ufficialmente da "disoccu" a "precaria".
Quando si dice il culo, eh?!
Ma cosa sono quelle facce mogie?!?
Che vi credete, che da ora in avanti sia tutto meno brioso??
Ma vàààà!
Si tratta sempre e comunque di un precariato a scadenza ben definita, uno di quelli che speri che duri il più a lungo possibile perchè sai che poi sei senza speranza di rinnovo.
Manina al vento e ciaociao.
E poi ci sono sempre i colpi di scena, le inaspettate comunicazioni "dall'alto", la sfiga nera che è sempre dietro l'angolo.
E sssse, se proprio tutto andasse bene, traaaanquiiiilli, tra un anno (sostituisco una maternità) sono ancora in mezzo alla strada.
O meglio, appiccicata allo schermo del computer 24 ore su 24 a cercare qualcuno che non mi schifi data l'età e l'inconcludenza della mia non-esperienza professionale.
Moltobene.
Ma oggi c'è pure il sole e voglio essere -inaspettatamente- positiva.
Voglio credere che m'è andata bene (anzi, ne sono assolutissimamente certa), mi piace pensare che, almeno per un pò, potrei anche permettermi di non guardare lo spam di annunci di lavoro che ricevo giornalmente tramite newsletter, e far finta che...sono "a posto".
Che poi a posto proprio non sei, e l'abitudine di passare in rassegna ogni singolo annuncio non la puoi perdere, è un altro discorso.
Ma puoi, per un pò, fingere indifferenza. Se ci riesci.
Sono molto più fortunata di tanti colleghi precari che sono in un ambiente pessimo, a svolgere mansioni abbruttenti. Le mie non sono così. Non sono certo la mia massima aspirazione, ma se penso alla tristezza della disoccupazione faccio quello che devo fare con un'entusiasmo a volte inaspettato.
E poi, conta tantissimo la gente che lavora con te.
E a me, lo dico a voce bassissssima, prima che qualcuno mi senta davvero, sembra sia andata bene...
mi sembra doveroso aggiornarvi sul mio cambio di status lavorativo.
Ebbene si, per chi si fosse perso il post 09_parentesi notturna, sono passata ufficialmente da "disoccu" a "precaria".
Quando si dice il culo, eh?!
Ma cosa sono quelle facce mogie?!?
Che vi credete, che da ora in avanti sia tutto meno brioso??
Ma vàààà!
Si tratta sempre e comunque di un precariato a scadenza ben definita, uno di quelli che speri che duri il più a lungo possibile perchè sai che poi sei senza speranza di rinnovo.
Manina al vento e ciaociao.
E poi ci sono sempre i colpi di scena, le inaspettate comunicazioni "dall'alto", la sfiga nera che è sempre dietro l'angolo.
E sssse, se proprio tutto andasse bene, traaaanquiiiilli, tra un anno (sostituisco una maternità) sono ancora in mezzo alla strada.
O meglio, appiccicata allo schermo del computer 24 ore su 24 a cercare qualcuno che non mi schifi data l'età e l'inconcludenza della mia non-esperienza professionale.
Moltobene.
Ma oggi c'è pure il sole e voglio essere -inaspettatamente- positiva.
Voglio credere che m'è andata bene (anzi, ne sono assolutissimamente certa), mi piace pensare che, almeno per un pò, potrei anche permettermi di non guardare lo spam di annunci di lavoro che ricevo giornalmente tramite newsletter, e far finta che...sono "a posto".
Che poi a posto proprio non sei, e l'abitudine di passare in rassegna ogni singolo annuncio non la puoi perdere, è un altro discorso.
Ma puoi, per un pò, fingere indifferenza. Se ci riesci.
Sono molto più fortunata di tanti colleghi precari che sono in un ambiente pessimo, a svolgere mansioni abbruttenti. Le mie non sono così. Non sono certo la mia massima aspirazione, ma se penso alla tristezza della disoccupazione faccio quello che devo fare con un'entusiasmo a volte inaspettato.
E poi, conta tantissimo la gente che lavora con te.
E a me, lo dico a voce bassissssima, prima che qualcuno mi senta davvero, sembra sia andata bene...
mercoledì 27 marzo 2013
12_non essere all'altezza: rimbalzo da requisito fisico. e l'autostima s'impenna.
Che la disperazione lavorativa mi abbia portata a pensarne di ogni su come trovare un lavoro è cosa ormai risaputa, anche da voi.
Vi mancano però quei pensieri più estremi che sono rimasti solo nella mia testa perchè cassati immediatamente dal lume della ragione (tipo: ok. apro un negozio di vestiti per bambini. si. nella mia città che da anni è nel pieno della depressione più profonda ed è sull'orlo della distruzione totale. ok, anche no allora.) oppure, che si sono trasformati in rimbalzi ancor prima di essere vista per un colloquio.
Tra negozi che non avrei mai potuto aprire, professioni che non avrei mai saputo fare (più e più volte mi sono ritrovata a rimpiangere un bel corso professionale da parrucchiera), non chiedetemi come e perchè, ma sono finita anche a vedere e cercare tra gli annunci di personale di compagnie aeree.
Credo che un giorno io l'abbia buttata lì per scherzo alla madre del mio compagno che, avendo qualche problema a comprendere la mia autoironia, mi ha guardata con occhi pieni di speranza e mi ha detto: "SIII, Marta, SIII! Ma sarebbe bellissimo, a me sarebbe tanto piaciuto farlo, poi con quella divisaaaahhhh..."
Ecco. Appunto. Quella divisa da capo boyscout in colori improponibili che vanno dal beige cacchina di tortorella al blu che più eighties non si può, con intermittenze di bordeaux e verdone che solo a nominarli mi sta per venire un attacco epilettico.
Ma una dispero-disoccuprecaria ha l'entusiasmo facile.
Diciamo pure che le basta proprio un cazzo per prendersi bene se questo poi vorrà dire avere un lavoro.
Epppoi, dai, che lavoro.
Cioè, divisa. Vuoi mettere?!?
Avrei anche finalmente accontentato mia nonna, che, non so perchè, ma avrebbe sempre voluto che fossi andata a finire in guardia di finanza. "Si nani, così proteggi l'arte dai falsi e dai furti di opere...!".
Ahhh, il mio mondo da neolaureta in beni culturali si trasformava nella sua testa in un film di James Bond ad alto potere elettrizzante.
A me, sembrava solo una gran cazzata.
Comunque con la divisa un pregio ci poteva anche essere: non avrei mai dovuto pensare a cosa mettermi. Che sarei sembrata un insaccato con le scarpe della nonna, poco mi importava. Chi m'avrebbe vista poi! (da notare la disillusione della DP di fronte a possibili incontri di vita sociale extralavorativi e, di qui, la totale inutilità di avere un guardaroba)
Grazie a dio sapevo di essere troppo nana per poter guardare le posizioni come assistente di volo, ma mi accontentavo di quelle in aeroporto, tipo chessò, quelle che ti fan su le valigie col domopak...?!?
Poi un giorno, successone!
Vedo un numero impressionante di annunci per questa nuova linea di treni ad alta velocità che avrebbe collegato Milano, con Bologna e Roma. Stavano cercando un sacco di personale che avrebbe iniziato di lì a poco, con contratto di apprendistato seguito dal tempo indeterminato.
BOOOOMBA!
Questa è mia, compilo tutto, leggo tutto, rileggo tutto, invio, guardo commenti di altri candidati in blog vari e aspettoEspero.
Si, avevo letto PROPRIO tutto. Ma forse fingendo indifferenza su di un paio di requisiti fisici che...suvvia, iniziamo a vedere se mi rispondono.
E dopo circa 2 mesi, inaspettatamente, ecco la mail.
Ci sono talmente tanti candidati che si sono iscritti e che vogliono vedere, che la prima selezione avverrà in un'aula dell'Università Statale.
Maròòòò...! Figo dai, che ho da perd....noooo! Occazzo!
Vi copia-incollerei le tre righe di testo direttamete dalla mail se ormai non fosse andata perduta.
Per farvela breve, mi ricordavano che per essere ammessi era necessario avere un'altezza, se non ricordo male, di 1.62/65 e avere una buona vista, che non scendesse sotto le due diottrie (con correzione, quindi ammessi occhiali e lenti).
In grassetto si sottolineava come, una volta superata la prima selezione, si sarebbe dovuti necessariamente passare per una visita medica di tutto punto per verificare tali requisiti.
Per chi di voi non lo sapesse, il buon dio mi ha dotata di tanta simpatia ma ha avuto il braccino corto sull'altezza (che non raggiunge il metro e sessanta) e, soprattutto, sulle potenzialità del mio apparato visivo: ho da poco sfondato il muro delle sei diottrie che mi mancano e no, proprio non vedo una minchia, però ho decisamente un buon orecchio. Eh va beh, avrei potuto sentire comunque il fischio del treno da una stazione all'altra con facilità, ma EVIDENTEMENTE, tutte le cose che mi riescono bene, almeno per ora, non mi hanno certo aiutata nel mondo del lavoro.
Whatever...nevermind. Giusto?!?
Vi mancano però quei pensieri più estremi che sono rimasti solo nella mia testa perchè cassati immediatamente dal lume della ragione (tipo: ok. apro un negozio di vestiti per bambini. si. nella mia città che da anni è nel pieno della depressione più profonda ed è sull'orlo della distruzione totale. ok, anche no allora.) oppure, che si sono trasformati in rimbalzi ancor prima di essere vista per un colloquio.
Tra negozi che non avrei mai potuto aprire, professioni che non avrei mai saputo fare (più e più volte mi sono ritrovata a rimpiangere un bel corso professionale da parrucchiera), non chiedetemi come e perchè, ma sono finita anche a vedere e cercare tra gli annunci di personale di compagnie aeree.
Credo che un giorno io l'abbia buttata lì per scherzo alla madre del mio compagno che, avendo qualche problema a comprendere la mia autoironia, mi ha guardata con occhi pieni di speranza e mi ha detto: "SIII, Marta, SIII! Ma sarebbe bellissimo, a me sarebbe tanto piaciuto farlo, poi con quella divisaaaahhhh..."
Ecco. Appunto. Quella divisa da capo boyscout in colori improponibili che vanno dal beige cacchina di tortorella al blu che più eighties non si può, con intermittenze di bordeaux e verdone che solo a nominarli mi sta per venire un attacco epilettico.
Ma una dispero-disoccuprecaria ha l'entusiasmo facile.
Diciamo pure che le basta proprio un cazzo per prendersi bene se questo poi vorrà dire avere un lavoro.
Epppoi, dai, che lavoro.
Cioè, divisa. Vuoi mettere?!?
Avrei anche finalmente accontentato mia nonna, che, non so perchè, ma avrebbe sempre voluto che fossi andata a finire in guardia di finanza. "Si nani, così proteggi l'arte dai falsi e dai furti di opere...!".
Ahhh, il mio mondo da neolaureta in beni culturali si trasformava nella sua testa in un film di James Bond ad alto potere elettrizzante.
A me, sembrava solo una gran cazzata.
Comunque con la divisa un pregio ci poteva anche essere: non avrei mai dovuto pensare a cosa mettermi. Che sarei sembrata un insaccato con le scarpe della nonna, poco mi importava. Chi m'avrebbe vista poi! (da notare la disillusione della DP di fronte a possibili incontri di vita sociale extralavorativi e, di qui, la totale inutilità di avere un guardaroba)
Grazie a dio sapevo di essere troppo nana per poter guardare le posizioni come assistente di volo, ma mi accontentavo di quelle in aeroporto, tipo chessò, quelle che ti fan su le valigie col domopak...?!?
Poi un giorno, successone!
Vedo un numero impressionante di annunci per questa nuova linea di treni ad alta velocità che avrebbe collegato Milano, con Bologna e Roma. Stavano cercando un sacco di personale che avrebbe iniziato di lì a poco, con contratto di apprendistato seguito dal tempo indeterminato.
BOOOOMBA!
Questa è mia, compilo tutto, leggo tutto, rileggo tutto, invio, guardo commenti di altri candidati in blog vari e aspettoEspero.
Si, avevo letto PROPRIO tutto. Ma forse fingendo indifferenza su di un paio di requisiti fisici che...suvvia, iniziamo a vedere se mi rispondono.
E dopo circa 2 mesi, inaspettatamente, ecco la mail.
Ci sono talmente tanti candidati che si sono iscritti e che vogliono vedere, che la prima selezione avverrà in un'aula dell'Università Statale.
Maròòòò...! Figo dai, che ho da perd....noooo! Occazzo!
Vi copia-incollerei le tre righe di testo direttamete dalla mail se ormai non fosse andata perduta.
Per farvela breve, mi ricordavano che per essere ammessi era necessario avere un'altezza, se non ricordo male, di 1.62/65 e avere una buona vista, che non scendesse sotto le due diottrie (con correzione, quindi ammessi occhiali e lenti).
In grassetto si sottolineava come, una volta superata la prima selezione, si sarebbe dovuti necessariamente passare per una visita medica di tutto punto per verificare tali requisiti.
Per chi di voi non lo sapesse, il buon dio mi ha dotata di tanta simpatia ma ha avuto il braccino corto sull'altezza (che non raggiunge il metro e sessanta) e, soprattutto, sulle potenzialità del mio apparato visivo: ho da poco sfondato il muro delle sei diottrie che mi mancano e no, proprio non vedo una minchia, però ho decisamente un buon orecchio. Eh va beh, avrei potuto sentire comunque il fischio del treno da una stazione all'altra con facilità, ma EVIDENTEMENTE, tutte le cose che mi riescono bene, almeno per ora, non mi hanno certo aiutata nel mondo del lavoro.
Whatever...nevermind. Giusto?!?
lunedì 18 marzo 2013
11_rimbalzi degni di NOTA: anche le Major me le suonano...
No, tranquilli.
Non ho fatto le audizioni nè per Amici nè per X Factor...pochi sfottò!
Qui si parla di colloqui.
Roba seria, signori.
E' martedì 14 dicembre 2010 (DuEmilAdIeCi...capito?!?! maròòò!), ricordo un gran freddo, ricordo esattamente di essere vestita con un (l'unico?) vestito "grigio-da-colloquio-informale" con stivali neri ai piedi ed il mio immancabile accessorio da momento importante: l'herpes al naso.
Si, al naso.
Si, lo so, "ma l'herpes non viene sulle labbra?!?" gnìggnììgnnììgnnnììì e a me è sempre venuto sulla punta del naso perchè sono più simpatica, che ve devo dì?!! Ooooh.
Morale, si, vestita di tutto punto e cremina bianca in punta di naso, mi avventuro con un buon anticipo verso C.so Sempione 68.
L'annuncio era questo: CERCASI MUSIC HUNTER per CASA DISCOGRAFICA a Milano.
E sticazzi!
Lì per lì, quando fui contattata telefonicamente da Natalia, della reception, non ci volevo credere.
Lavorare nella musica...Marta, ma sssai chefffigata?!!?!
Metto giù il telefono, scarabocchio data e ora del colloquio sull'agenda e non riesco a togliermi il sorriso da beota che ho sulla faccia.
Poi, in un attimo di lucidità.....: ma che sarà mai 'sto MUSIC HUNTER?!?!?!?
Ma soprattutto....tu, gioia mia, cosa ne sai del mercato discografico melodic-pop italiano del momento??
Ohfffiga. O_O
Niente!
E via, a cercare di raccogliere info sugli ultimi cd di sbarbatelli della Casa in questione, in un compulsivo tentativo di associare ARTISTA-titolo ultimo album. Senza, per altro, grandi risultati.
Per una che ascolta i Led Zeppelin, incontrare la figura di Scanu è momento di estrema sofferenza. Ma per lavorare lì, questo ed altro. Giuustooo????
Giusto!
Visti gli scarsi risultati nel rielaborare la mia cultura italian-pop degli ultimi decenni decido di mettermi l'anima in pace e che l'avrei buttata sulla simpatia.
Arriva il giorno.
Arrivo al posto.
GIGANTE!
Si, fa un pò effetto...e poi col fatto di dover essere schedati, fatti dono di un badge da visitatore che mi è stato strappato brutalmente all'uscita (cazzo, volevo farlo vedere a mia nonna! ...come se mia nonna sapesse di cosa stessi parlando. ma avrebbe comunque fatto scena.) e poi ammassat....oh!
Oh, no, 'spetta!
Ma quanti siamo!?!?!
Ebbene si.
Colloquio di gruppo.
Cerco una faccia simpatica nel gruppo, la trovo, mi presento e lei, gentilmente, mi fa notare che sono sporca di caffè sul naso.
...
Non c'è niente da ridere!!!!!!!!!!
Ci fanno accomodare in una sala riunioni con un tavolo ovale.
Dopo il primo momento di caciara, tra chi rideva e cercava di socializzare con anche le sedie (tipo la sottoscritta) e chi se ne stava zitto zitto in disparte, arriva un momento di gelo e silenzio.
Saremmo stati in 15.
Saremmo stati lì dentro da almeno 20 minuti.
Il sospetto cresce...
Che forse il selezionatore era in mezzo a noi?!?!?!?!?!
TA TA TAAAAAAAAAAAAA.
Iniziano i totoselezionatore e gli sguardi diffidenti.
Qualcuno mi addita a selezionatrice.
Controbatto. Ma state scherzando, vero?!?!?
Ci accaniamo tutti contro un tipo ben vestito che dice di arrivare da Dolce e Gabbana (sempre in mezzo alle palle nella mia vita, quei due...pfff...)...ma che cacchio fai qui se lavori da dìengì?!?
Dopo una mezz'oretta entra LA selezionatrice.
Sembra un mastino. Tipo, uguale.
Inizia il giro di presentazioni, tra solite frasi masticate e rimasticate, sorrisi di circostanza e il timore che mi chieda che album ho in casa e quale sia il mio artista preferito.
Per fortuna non sono la prima e la domanda-bbbomba se la deve smazzare uno che, con tanto di cappello, sa anche rispondere egregiamente.
"Quali artisti della nostra casa ascolti?""
GULP.
Brivido sulla schiena.
Io sarei corsa via sbattendomi la porta dietro le spalle.
Marta, senti, ricordati, ricordati i nomi, daicazzo, daicazzzzoooooo!
Morale della favola, sopravvivo al giro di presentazione/parlamidite e, in verità, essendo pure tra le ultime ho notato il suo palese disinteresse in quello che dicevo (avrei sempre la tentazione in questi momenti di dire parolacce a muzzo in mezzo alle frasi per testare l'attenzione, ma non ho mai osato...almeno fino ad ora eh...).
Le mie aspettative crollano quando ci rivela che lì, c'è bisogno di gente che ami il gusto del pubblico, perchè, oggi come oggi, -testuali parole- le major non sopravviverebbero se si concentrassero a "scovare talenti"...
Non siamo mica più negli anni '80.
Non ho fatto le audizioni nè per Amici nè per X Factor...pochi sfottò!
Qui si parla di colloqui.
Roba seria, signori.
E' martedì 14 dicembre 2010 (DuEmilAdIeCi...capito?!?! maròòò!), ricordo un gran freddo, ricordo esattamente di essere vestita con un (l'unico?) vestito "grigio-da-colloquio-informale" con stivali neri ai piedi ed il mio immancabile accessorio da momento importante: l'herpes al naso.
Si, al naso.
Si, lo so, "ma l'herpes non viene sulle labbra?!?" gnìggnììgnnììgnnnììì e a me è sempre venuto sulla punta del naso perchè sono più simpatica, che ve devo dì?!! Ooooh.
Morale, si, vestita di tutto punto e cremina bianca in punta di naso, mi avventuro con un buon anticipo verso C.so Sempione 68.
L'annuncio era questo: CERCASI MUSIC HUNTER per CASA DISCOGRAFICA a Milano.
E sticazzi!
Lì per lì, quando fui contattata telefonicamente da Natalia, della reception, non ci volevo credere.
Lavorare nella musica...Marta, ma sssai chefffigata?!!?!
Metto giù il telefono, scarabocchio data e ora del colloquio sull'agenda e non riesco a togliermi il sorriso da beota che ho sulla faccia.
Poi, in un attimo di lucidità.....: ma che sarà mai 'sto MUSIC HUNTER?!?!?!?
Ma soprattutto....tu, gioia mia, cosa ne sai del mercato discografico melodic-pop italiano del momento??
Ohfffiga. O_O
Niente!
E via, a cercare di raccogliere info sugli ultimi cd di sbarbatelli della Casa in questione, in un compulsivo tentativo di associare ARTISTA-titolo ultimo album. Senza, per altro, grandi risultati.
Per una che ascolta i Led Zeppelin, incontrare la figura di Scanu è momento di estrema sofferenza. Ma per lavorare lì, questo ed altro. Giuustooo????
Giusto!
Visti gli scarsi risultati nel rielaborare la mia cultura italian-pop degli ultimi decenni decido di mettermi l'anima in pace e che l'avrei buttata sulla simpatia.
Arriva il giorno.
Arrivo al posto.
GIGANTE!
Si, fa un pò effetto...e poi col fatto di dover essere schedati, fatti dono di un badge da visitatore che mi è stato strappato brutalmente all'uscita (cazzo, volevo farlo vedere a mia nonna! ...come se mia nonna sapesse di cosa stessi parlando. ma avrebbe comunque fatto scena.) e poi ammassat....oh!
Oh, no, 'spetta!
Ma quanti siamo!?!?!
Ebbene si.
Colloquio di gruppo.
Cerco una faccia simpatica nel gruppo, la trovo, mi presento e lei, gentilmente, mi fa notare che sono sporca di caffè sul naso.
...
Non c'è niente da ridere!!!!!!!!!!
Ci fanno accomodare in una sala riunioni con un tavolo ovale.
Dopo il primo momento di caciara, tra chi rideva e cercava di socializzare con anche le sedie (tipo la sottoscritta) e chi se ne stava zitto zitto in disparte, arriva un momento di gelo e silenzio.
Saremmo stati in 15.
Saremmo stati lì dentro da almeno 20 minuti.
Il sospetto cresce...
Che forse il selezionatore era in mezzo a noi?!?!?!?!?!
TA TA TAAAAAAAAAAAAA.
Iniziano i totoselezionatore e gli sguardi diffidenti.
Qualcuno mi addita a selezionatrice.
Controbatto. Ma state scherzando, vero?!?!?
Ci accaniamo tutti contro un tipo ben vestito che dice di arrivare da Dolce e Gabbana (sempre in mezzo alle palle nella mia vita, quei due...pfff...)...ma che cacchio fai qui se lavori da dìengì?!?
Dopo una mezz'oretta entra LA selezionatrice.
Sembra un mastino. Tipo, uguale.
Inizia il giro di presentazioni, tra solite frasi masticate e rimasticate, sorrisi di circostanza e il timore che mi chieda che album ho in casa e quale sia il mio artista preferito.
Per fortuna non sono la prima e la domanda-bbbomba se la deve smazzare uno che, con tanto di cappello, sa anche rispondere egregiamente.
"Quali artisti della nostra casa ascolti?""
GULP.
Brivido sulla schiena.
Io sarei corsa via sbattendomi la porta dietro le spalle.
Marta, senti, ricordati, ricordati i nomi, daicazzo, daicazzzzoooooo!
Morale della favola, sopravvivo al giro di presentazione/parlamidite e, in verità, essendo pure tra le ultime ho notato il suo palese disinteresse in quello che dicevo (avrei sempre la tentazione in questi momenti di dire parolacce a muzzo in mezzo alle frasi per testare l'attenzione, ma non ho mai osato...almeno fino ad ora eh...).
Le mie aspettative crollano quando ci rivela che lì, c'è bisogno di gente che ami il gusto del pubblico, perchè, oggi come oggi, -testuali parole- le major non sopravviverebbero se si concentrassero a "scovare talenti"...
Non siamo mica più negli anni '80.
E non dirlo a me.
Come un flash ritorno al momento di caciara iniziale dove, insieme ad altri illustri rimbalzati, sparlavo del povero Scanu, di cui vorrei condividere con voi la pettinatura e raccoglierci in un minuto di silenzio:
No, la selezionatrice tra noi non c'era, ma molto probabilmente delle telecamere sì.
Finisce così la mia scalata a una delle 4 Major italiane.
E, per non farmi mancare nulla, ho deciso di farmi rimbalzare anche da un'altra.
Ma questo, come potete immaginare, ve lo racconterò un'altra volta.
lunedì 11 marzo 2013
10_scene da un (primo) colloquio

Mi sono capitate tra le mani le vecchie agende e sono subito andata a sbirciare tra le pagine finali, dove, come una brava bambina affetta da disturbi ossessivo-compulsivi appunto (o meglio, appuntavo, perchè erano annunci che mi interessavano e valeva la pena di segnare...oggi questo non accade più purtroppo), ma comunque, dicevo, appuntavo tutte le offerte di lavoro a cui mi ero iscritta.
Bei tempi quelli in cui ancora c'era qualcosa a cui rispondere e in cui sperare.
E che poi, udite udite, poteva anche essere che ti chiamassero per un colloquio!
Siiiii! Un cooll-lllo-quiii-o.
E di colloqui oggi vi voglio parlare.
Perchè, almeno per quel che mi riguarda, il colloquio è sempre stato fonte inesauribile di ansia e stress.
Figuriamoci poi quando si parla del PRIMO vero colloquio e, quando questo primo-vero-colloquio lo devi sostenere da Dolce e Gabbana.
Si. Io.
Da Dolce e Gabbana.
Fa già ridere così, lo so.
Ma grazie a dio ero una fresca (e asciutta...) neolaureata, col mio bel vestito di laurea da venditrice di enciclopedie ancora sistemato nell'armadio e via, che il grosso l'avevo già risolto.
Io sui tacchi non ci sono mai stata (credo che la taccazza del boot stile texano non conti quando si parla di veri tacchi, scarpe strette che ti maciullano i piedi e che mettono in discussione la tua capacità di stare in equilibrio -vero- nel mondo che ti circonda), ricordo di aver indossato quelle scarpe alte solo per il giorno della suddetta laurea, ma l'angoscia che mi pervadeva in quelle ore ha fatto si che mi dimenticassi presto del dolore agli arti inferiori del mio corpo.
Ora mi toccava indossarle di nuovo, non solo come un accessorio mentre discuto la mia tesi seduta sulla punta di una sedia imbottita, ma...per CAMMINARE!!!
Immaginate il trauma: essere vestita come non ti sei vestita mai, arrancando su vertiginosi (si, per me erano comunque vertiginosi!) tacchi, ingessata in quella giacca e impaurita dall'ambiente patinato.
Ricordo che riuscì ad accompagnarmi in macchina quella buon'anima di mio padre.
Credo che se fossi andata in treno non avrei mai raggiunto viva la reception.
Ricordo di essere entrata da due gigantesche porte scorrevoli e di essermi subito sentita stra intimorita da questo arredamento minimal tutto in nero lucido.
Mi dicono di accomodarmi e di attendere lì le selezionatrici. "LE"?!?!!
Uhm, occchèèèèi.
Sprofondo goffamente in una poltrona in pelle. Cerco di stare con la schiena dritta ma checccazzzo di fatica! Dritta, Marta! L'ascensore potrebbe aprirsi da un momento all'altro! Stai DRITTA. Noooo! Non così dritta che sembri avere un palo in culo, dritta-giusta!
Le scarpe! Non afflosciare le scarpe ai lati, che ci manca che ti parta un tacco...! Sù con quei talloni!
E fai qualcosa perdio! Che sembri una babbazza! Prendi qualcosa, leggi qualcosa, fai qualcosa!!!
Ma con disinvolura, eh. Che stanno per arrivare.
Quello fu il primo momento-merda di tutta la mia vita da candidata.
Avevo già capito che sarebbe satata dura. Moooolto dura.
Dannati momenti-mmmerda.
L'ascensore si apre, arrivano due tizie tutte in nero, ma sorridenti.
Incrocio le dita e prego di arrivare incolume alla porta dell'ascensore in due falcate.
Ce la faccio, stringo la mano ad entrambe e la porta dell'ascensore si chiude.
Claustrofobia, ansia, senso di inadeguatezza. Il tutto compresso per soli due piani, e meno male...
Quello che segue, ahimè, è solo il primo di una serie di amari rimbalzi che costellano la mia vita da disoccuprecaria.
Sarebbe stato un posto fighissimo, avrei lavorato nella comunicazione, mettendo mano alle pubblicazioni, alla pubblicità e tenendo i contatti con l'America.
Ma poi ho deciso di rifiutare.
Il mio vero sogno è sempre stato quello di aprire un blog che raccontasse rimbalzi e avventure lavorative tragicomiche.
E da lì ho iniziato ad appuntarmele.
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