giovedì 20 giugno 2013

22_fashion retail fails/2: che zarà, zarà! (whatever will be, will be...)


Sarà stato l'anno scorso.
Ricordo benissimo il caldo pressante e il mio affanno nel trascinarmi dietro il trolley per la spesa da vera vecchia che non deve chiedere mai.
Ricordo anche che, proprio prima di uscire, o meglio, appena chiuso il portone alle mie spalle, mi viene in mente di non aver rimesso la penna dentro la borsa. Carta e penna in borsa sono due certezze che nella mia vita non devono mancare mai. Poco importa il fatto che oggi, volendo, ci si possa appuntare le cose anche sul cellulare o che, a conti fatti, l'urgenza di carta-e-penna sia capitata nella mia vita sì e no due volte a voler restar larghi.
Mandandomi a cagare per il solo fatto di aver sprecato un millesimo di secondo nella mia mente a pensare di risalire perrecuperare il tutto, riprendo la faticosa marcia verso l'esselunga.
A metà tragitto mi vibra una chiappa.
Orca! Mi stanno chiamandoooomacazzzooooo!!!!!
Parcheggio il carrellino bordo strada, prendo fiato, rispondo.
"Si, lei aveva mandato un curriculum alla nostra azienda, giusto?"
Mi vien da ridere. Molto probabile, direi. Mi manca solo da stalkerare il papa...
"Ehm, si, sisi!"
"Bene. Stiamo fissando dei colloqui di gruppo. Le va bene mercoledì prossimo?"
Merdaaaa! Non trovo l'agenda in una delle mie classiche borse da fricchettona gigantesche dove non trovi mai nulla quando serve: agenda al posto delle sigarette, fazzoletti al posto dell'agenda, burro cacao al posto dell'accendino e via dicendo...
In più ero sprovvista di piani d'appoggio, a un metro dalla circonvallazione e con altissime probabilità di essere scippata dato il mio rivoltare senza sosta la borsa tanendo roba sotto le ascelle, tra le gambe e vaffanculo, no, l'agenda non la trovo e si, va bene mercoledì.
"Bene. Ascolti, si segni indirizzo e ora che le do."
"Eeeh, veramente sarei in giro e momentaneamente sprovvista di CARTAEPENNA....non è che gentilmente potrebbe mandarmi una mail con tutte le informazioni???"
"No."
"Scusi?"
"No, noi non possiamo prendere mail da nessuno, tantomeno mandarle. Noi siamo qui solo per fissare colloqui."
Ah. Occhèi. Moltobene.
Ho passato tutta l'ora al supermercato a ripetermi ora, data e indirizzo come un mantra.
Finalmente a casa, posso scrivere nero su bianco il mio colloquio.

Seh. MIO.
Saremo state si e no una settantina.
Compattati in una sala riunioni, la recruter di turno ci accoglie briosa e pronta a spiegarci l'azienda.
Daicazzzzzzo, tutti noi sappiamo già tutto, siete spagnoli, avete diversi marchi blablabla...ma il lavoro ce l'avete o no?!?!?!
Questo pensavo mentre la guardavo con un sorrisetto da babbazza e annuivo ad ogni cosa che diceva.
Devo seriamente smettere di farlo.
Sta roba del falso entusiasmo. Soprattutto in momenti come quello in cui era del tutto fuori luogo. Chi mi cagava? Eravamo in 70!!!
Poi, ci fa arrivare tra le mani un foglio che dovevamo compilare in base alle nostre disponibilità di tempi, luoghi eccccerto, pure "preferenze". Che si può fare la choosy, no?!?!?
L'impeto è quello di barrare tutto, fare magari un'immensa X su tutto il foglio e via che va bene.
Poi mi trattengo. Poco seria. Troppo disperata.
Let's be choosy.
Tolgo i negozi logisticamente irraggiungibili nell'eventualità di essere lì alle 5 di mattina e, oltre al full time, mi lascio degli ampi margini di part time.
Oh, con 'sto foglio, chi mi rimbalza più!
In fila, come diligenti scolaretti, l'orda dei candidati ridà uno ad uno il foglio compilato nelle mani della tizia.
Momenti strazianti, quando i tuoi occchi e i suoi si incontrano e tu le gridi -sempre con lo sguardo- "cagami, cagami, cagami, tipregocagami". E bom. C'è già quella dietro di te che fa la stessa cosa.

Nel caso la candidatura fosse stata compatibile con le esigenze aziendali si sarebbe poi state richiamate per un secondo colloquio di gruppo, quattro-cinque persone, una cosa un pò più intima insomma, per poi decidere chi, tra il gruppetto, si sarebbe conquistata la palma d'oro del piegaggio artistico di T-shirt alla moda.
Bah.

Ero sicura che, con tutta la disponibilità che avevo dato su quel cazzo di foglio, sarei ameno stata richiamata per il secondo step.
Ovviamente no.
Mi arriva una mail, una settimana dopo, che mi dice che, purtroppo, la mia disponibilità non era in alcun modo compatibile con le esigenze aziendali del momento.

Strano.

domenica 9 giugno 2013

21_fashion retail fails/1: quando il diavolo non veste Prada gira in infradito con l'addominale scolpito al vento

Si. Avete capito bene.
Perchè, avete capito, no?!
Si, davvero.
Anche lì, aaaanche lì sono finita.
Se mi vergogno?
Eeeeh, si. Oggi un pochino si. Poi capirete perchè.

Ai tempi, il grande marchio americano aveva appena iniziato a impregnare di profumo ogni essere vivente (e non) che si trovasse suo malgrado a passare dal centro, e io, guarda caso, cercavo disperatamente colloqui e faticavo a trovarne.
Nessun tentennamento all'invio del cv quando mi sono trovata un'offerta per un programma che avrebbe "plasmato" i futuri store managersssss del domani.
Da buona candidata a secco di esperienze personali di shopping, decido di fare un salto per carpire tutte le informazioni possibili a riguardo e chessò, magari comprarmi una magliettina basic da indossare al colloquio. Perchè si, ero stata convocata.
Dopo un quarto d'ora abbondante di -ingiustificata- coda insieme a mille ragazzine (sembrava di essere in una gita delle medie in fila per i musei vaticani...) vengo risucchiata in negozio sgusciando tra gli addominali di due mascellon-piaccioni americani che mi salutano in ameriganz. YO.
Passati quei 2-3 minuti di buio totale, i miei occhi si adattano e ricominciano a vedere. Dove "vedere" è un parolone. C'è un buio pesto e le litrate di profumo che vengono sprigionate da nonsochecazzodicoso certo non rendono più lucida la mia vista e più facile la mia impresa.
Ai mascellon-piaccioni si alternano in negozio esili ragazze dai lunghi capelli lucenti e il viso d'angelo, rigorosamente in shorts e infradito.
Per poco non mi viene un infarto quando leggo il prezzo della maglia bianca, scollo a V e maniche corte (una cazzo di maglietta bianca, si!) che avevo deciso di provare. Giusto per avere qualcosa loro da mettermi. Dai cazzo Marta, già madre natura non ti aiuta col punteggio, punta sul brand. Prendi 'sta cazzo di maglia e non rompere i coglioni.
E da perfetta cretina, con la speranza di un possibile punto in più al colloquio, mi son fatta fottere.

Arriva il giorno e mi ritrovo in mezzo a una cinquantina di ragazzi e ragazze (molto fighi. troppo).
C'è gran fermento perchè, da classica strategia aziendale, come scoprirò di lì a poco, nessuno sa cosa aspettarsi e quindi la tensione sale. E, insieme a lei, il mio senso di inadeguatezza alla situazione del tipo maccheccazzo sono qui a fare.
Dopo essere stati perquisiti (!!!!) entriamo uno a uno e ci accoglie Steve, un belloccio americano nonchè general manager delle risorse umane.
Quello che segue è tutto in inglese. Heeeei, what did you expect?!?
Steve ci parla dell'azenda, delle strategie di marketing (ad esempio nessuna pubblicità ma solo foto con ragazzi e ragazze che fanno parte dell'azienda e NON sono modelli professionisti...e nella mia mente parte il primo, sonoro, WTF?!?!) e della visione generale del brand.
Volano a profusione le key words "easy", "sexy", "young", "cool", seguite dai must have (o meglio dai divieti) del personale aziendale: niente vestiti neri, niente smalti, niente trucco forte, niente barba (o alcun segno di virilità che non sia la tartaruga ben in mostra) per i ragazzi, capelli scioti e possibilmente lunghi (gggghhhh) per le ragazze e NIENTE piercing di alcun tipo (oooocccaaazzzz!).
Penso di aver passato tutto il tempo con l'indice appoggiato alla mia narice destra dove ho un brillantino.
Preferirà di certo pensare che mi stia scaccolando piuttosto che scoprire del buco al naso, ho genialmente pensato.
Poi domande uno ad uno, descriversi, dire le proprie aspirazioni e il perchè del voler lavorare proprio lì. Sarebbe stato già difficile mentire nella mia lingua madre...immaginatevi in quel momento.
#beimomenti#
Il tutto culmina con una polaroid. Si, una minchia di foto, uno ad uno.
Perchè l'azienda vuol così.
Dopo il colloquio, che, ovviamente, ha avuto il classico epilogo del rimbalzo-da-silenzio, e le varie ricerche in internet, ho tirato un sospiro di sollievo nell'essere stata ignorata.
E qui veniamo al perchè, oggi, un pò mi vergogni di esserci andata a quel colloquio.

Per chi non lo sapesse, la catena in questione, poooco attenta all'esteriorità, recluta direttamente quasi tutte le sue commesse e i suoi commessi (o soprammobili, quale che sia la loro mansione a contratto firmato...) pescando dalla fauna teen che si aggira nei propri stores.
Ed è proprio del mese scorso questa imbarazzante affermazione del supercapocchia dell'azienda che non si vergogna ad affermare:
"In ogni scuola ci sono i ragazzi fighi e popolari e poi ci sono quelli non così cool. Noi ci occupiamo dei ragazzi fighi, quei ragazzi che hanno un certo tipo di atteggiamento e con un sacco di amici. Molte persone non entrano nei nostri vestiti. Questa non è discriminazione."

Questa non è discriminazione.
Questa è follia.

lunedì 3 giugno 2013

20_rimbalzi degni di NOTA/2: forse è il caso che me ne faccia una ragione

Si. Sono recidiva.
Non m'è bastato il rimbalzo della cricca Scanu (11_anche le Major me le suonano), io voglio essere rimbalzata da TUTTE le Major, tutte, cazzo!

Questa volta però, nessun annuncio su Monster, si parla dell'anno scorso, i lavori su internet (e anche nella vita reale) non si trovano più, e ciò che resta all'umanità disoccuprecaria è il tanto odiato "PASSAPAROLA".
Tutti trovano lavori fighi (o decisamente meno fighi) grazie a qualcuno che glielo fa gentilmente sapere.
Si vede che ho amici nei posti sbagliati.
O che vi piace così tanto il blog che non vorreste mai rischiare di perdermi. Questa trova un lavoro figo e chi la sente più. Qui c'è gente che ha bisogno di ridere delle sfighe altrui, micacazzi.
Vi capisco.

Comunque si, il colloquio nella casa discografica figa, m'è arrivato da un'amica di un amico di un'amica-collega durante il mio ultimo stage.
I passaggi sono intricati e difficili da descrivere, ma quello che vi interessa sapere è che un giorno mi arriva tra le mani (o meglio, tra le mail) il numero e l'indirizzo mail di una tizia che sta cercando un'assistente.

Le scrivo, super intesita e serissima, as usual.
Mi risponde:
Piacere Marta.
Intanto diamoci del tu, poi dimmi quando saresti libera per una chiacchierata.

Lacrime agli occhi.
Messa subito a tuo agio, il "TU", yeah, io ero già in una presabbenaggine indescrivibile.

Arriva il giorno della "chiacchierata",  arriva l'ora X e io attendo l'ok per essere compattata in un miniascensore e spedita al piano del colloquio.
La tizia mi accoglie con un grosso sorriso e una vigorosa stretta di mano.
Era tutto vero. Dopo mille e mille primi sorrisi e strette di mano, senti quando sono stereotipati o sono reali. Il suo lo era. Stavo per rimettermi a piangere...!
Ci intrufoliamo tra gli stretti corridoi del palazzo d'epoca e, da ogni porta aperta, intravedo scrivanie stracolme di cd e poster colorati alle pareti ma soprattutto tanta gente giovane che mi sorride e saluta come se ci conoscessimo da anni.

Inutile dirvi che la posizione era favolosa. fa-vo-lo-sa!
A lei serviva una ragazza che la aiutasse nell'organizzazione di tour promozionali, nella gestione dell'ufficio, dell'ufficio stampa, contatti con artisti stranieri e poi nelle PR che ci avrebbero portato a gironzolare tra gli studi delle maggiori radio italiane...insomma, un lavoro del cazzo. Ehssssì.

Mentre la fissavo annuendo con una faccia da bambina beota a cui si promette una vita fatta di giochi e dolci dalla mattina alla sera, in fondo al mio cervello stavo già smadonnando: possibile che, come mi dico sempre -e dico a tutti-, questi lavori incredibili esistano ma non ci sia alcun modo di reperirli?!?! Perchèèè? Perchèèè?!?!! Perchèèèèè?!?!
Perchè mi devo sentire in colpa e piuttosto cogliona, quando alla domanda: "che cosa vorresti fare?", sembro brancolare nel buio agli occhi del mio interlocutore, ma non perchè sono davvero indecisa tra fare la rock star o fare la cassiera all'esselunga, ma perchè so che lì in mezzo, proprio lì, c'è un mondo di lavori che sono inaccessibili agli occhi dei disoccuprecari d'oggi e vengono monopolizzati da cazzute conoscenze e chissà che cazz'altro.
Mi sono spiegata? Ecco.

Ma veniamo al classico epilogo:







Allora.
Se non trovi il mio cellulare vuol dire che hai già cestinato il mio civvì, perchè lì c'era.
E chi sarebbe poi questa persona?!? Eh? Eh?!? Eh??!?!?!!?
Di certo non io. Ancora.

Mestizia.


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