domenica 9 giugno 2013

21_fashion retail fails/1: quando il diavolo non veste Prada gira in infradito con l'addominale scolpito al vento

Si. Avete capito bene.
Perchè, avete capito, no?!
Si, davvero.
Anche lì, aaaanche lì sono finita.
Se mi vergogno?
Eeeeh, si. Oggi un pochino si. Poi capirete perchè.

Ai tempi, il grande marchio americano aveva appena iniziato a impregnare di profumo ogni essere vivente (e non) che si trovasse suo malgrado a passare dal centro, e io, guarda caso, cercavo disperatamente colloqui e faticavo a trovarne.
Nessun tentennamento all'invio del cv quando mi sono trovata un'offerta per un programma che avrebbe "plasmato" i futuri store managersssss del domani.
Da buona candidata a secco di esperienze personali di shopping, decido di fare un salto per carpire tutte le informazioni possibili a riguardo e chessò, magari comprarmi una magliettina basic da indossare al colloquio. Perchè si, ero stata convocata.
Dopo un quarto d'ora abbondante di -ingiustificata- coda insieme a mille ragazzine (sembrava di essere in una gita delle medie in fila per i musei vaticani...) vengo risucchiata in negozio sgusciando tra gli addominali di due mascellon-piaccioni americani che mi salutano in ameriganz. YO.
Passati quei 2-3 minuti di buio totale, i miei occhi si adattano e ricominciano a vedere. Dove "vedere" è un parolone. C'è un buio pesto e le litrate di profumo che vengono sprigionate da nonsochecazzodicoso certo non rendono più lucida la mia vista e più facile la mia impresa.
Ai mascellon-piaccioni si alternano in negozio esili ragazze dai lunghi capelli lucenti e il viso d'angelo, rigorosamente in shorts e infradito.
Per poco non mi viene un infarto quando leggo il prezzo della maglia bianca, scollo a V e maniche corte (una cazzo di maglietta bianca, si!) che avevo deciso di provare. Giusto per avere qualcosa loro da mettermi. Dai cazzo Marta, già madre natura non ti aiuta col punteggio, punta sul brand. Prendi 'sta cazzo di maglia e non rompere i coglioni.
E da perfetta cretina, con la speranza di un possibile punto in più al colloquio, mi son fatta fottere.

Arriva il giorno e mi ritrovo in mezzo a una cinquantina di ragazzi e ragazze (molto fighi. troppo).
C'è gran fermento perchè, da classica strategia aziendale, come scoprirò di lì a poco, nessuno sa cosa aspettarsi e quindi la tensione sale. E, insieme a lei, il mio senso di inadeguatezza alla situazione del tipo maccheccazzo sono qui a fare.
Dopo essere stati perquisiti (!!!!) entriamo uno a uno e ci accoglie Steve, un belloccio americano nonchè general manager delle risorse umane.
Quello che segue è tutto in inglese. Heeeei, what did you expect?!?
Steve ci parla dell'azenda, delle strategie di marketing (ad esempio nessuna pubblicità ma solo foto con ragazzi e ragazze che fanno parte dell'azienda e NON sono modelli professionisti...e nella mia mente parte il primo, sonoro, WTF?!?!) e della visione generale del brand.
Volano a profusione le key words "easy", "sexy", "young", "cool", seguite dai must have (o meglio dai divieti) del personale aziendale: niente vestiti neri, niente smalti, niente trucco forte, niente barba (o alcun segno di virilità che non sia la tartaruga ben in mostra) per i ragazzi, capelli scioti e possibilmente lunghi (gggghhhh) per le ragazze e NIENTE piercing di alcun tipo (oooocccaaazzzz!).
Penso di aver passato tutto il tempo con l'indice appoggiato alla mia narice destra dove ho un brillantino.
Preferirà di certo pensare che mi stia scaccolando piuttosto che scoprire del buco al naso, ho genialmente pensato.
Poi domande uno ad uno, descriversi, dire le proprie aspirazioni e il perchè del voler lavorare proprio lì. Sarebbe stato già difficile mentire nella mia lingua madre...immaginatevi in quel momento.
#beimomenti#
Il tutto culmina con una polaroid. Si, una minchia di foto, uno ad uno.
Perchè l'azienda vuol così.
Dopo il colloquio, che, ovviamente, ha avuto il classico epilogo del rimbalzo-da-silenzio, e le varie ricerche in internet, ho tirato un sospiro di sollievo nell'essere stata ignorata.
E qui veniamo al perchè, oggi, un pò mi vergogni di esserci andata a quel colloquio.

Per chi non lo sapesse, la catena in questione, poooco attenta all'esteriorità, recluta direttamente quasi tutte le sue commesse e i suoi commessi (o soprammobili, quale che sia la loro mansione a contratto firmato...) pescando dalla fauna teen che si aggira nei propri stores.
Ed è proprio del mese scorso questa imbarazzante affermazione del supercapocchia dell'azienda che non si vergogna ad affermare:
"In ogni scuola ci sono i ragazzi fighi e popolari e poi ci sono quelli non così cool. Noi ci occupiamo dei ragazzi fighi, quei ragazzi che hanno un certo tipo di atteggiamento e con un sacco di amici. Molte persone non entrano nei nostri vestiti. Questa non è discriminazione."

Questa non è discriminazione.
Questa è follia.

3 commenti:

  1. Che ansia! Certo che però son dei geni del marketing. In senso cattivo, naturalmente. Ho sentito parlare di questi "stores" ..ma non li ho mai visti nella realtà. Come sai, sono una ragazza di campagna. Mi sa che resterò nella mia ignoranza, certe cose forse è meglio non vederle! Ti bacio

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  2. Carissima, meglio così! Tieni lontano il bebito dagli addominali pompati, per carità! :D un bacione anche a te!

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  3. Meno male che ai tempi ero una sfigata!

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